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LEZIONE N° 35, CONCLUSIONE

 

Premessa. Schema d’informazione e cultura, su problemi di pedagogia e didattica, nel settore della Scuola e dell’educazione dei bambini e dei giovani. Il progetto non si propone di riformare la Scuola Italiana, né di sopperire alle strutture scolastiche carenti, né di insegnare agli educatori il loro mestiere. Si cercherà invece di individuare un sistema pedagogico oggettivo ed una metodologia educativa qualificata per stimolare nei nostri figli e alunni il gusto del Bello, del Giusto, del Vero, al fine di preparare una gioventù che renda il Mondo di domani più vivibile e più affascinante. Scopriremo insieme il modo migliore per stimolare nei nostri piccoli allievi l’amore alla cultura e all’educazione civica. I giovani sono come noi li vogliamo e ogni giudizio squalificante nei loro riguardi è segno della nostra mancata comprensione per loro. Il programma educativo, dunque, mira a tirar fuori il meglio della ricchezza interiore dei nostri figli, per farne dei geni. Ogni essere è un mondo a sé, e va preso per quello che è, e non per quello che noi vorremmo che fosse.

Lo giorno se n’andava, e l’aer bruno

Toglieva li animali che sono in terra

Da le fatiche loro; ed io, sol uno

M’apparecchiava a sostener la guerra

Sì del cammino e sì de la pietate,

che ritrarrà la mente che non erra.

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;

o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,

qui si parrà la tua nobilitate.

 

LEZIONE.  Accingermi a condensare in poco spazio e in poco tempo, in questa lezione conclusiva, il programma svolto durante il trascorso anno scolastico, indubbiamente non è un lavoro facile.  Ecco perché ho voluto introdurmi con Dante. Sono certo di aver fatto cosa gradita a tutti quelli che mi hanno seguito e li ringrazio per la cortese attenzione. Il mio intento è stato quello di porre sul tappeto il problema pedagogico, tanto disatteso e poco considerato.

La mia arringa si è svolta in difesa dei giovani, tanto bistrattati e poco valutati. Una sosta dunque, è d’obbligo sia per renderci conto del cammino percorso, sia per programmare il futuro iter.

M’introdussi, partendo da un dato di fatto: I Giovani sono Sbandati.  Alla domanda: Perché, risposi indicando 5 motivi: la famiglia, che nega loro affetto e comprensione; la scuola, che non li valuta sufficientemente; la disorganizzazione statale, che contribuisce a renderli irrequieti e ribelli; l’errata pedagogia degli operatori pastorali che li impaurisce con minacce e castighi di Dio presentando la vita come un inferno e non come un’occasione per guadagnarsi il paradiso; gli anziani e educatori in genere, che con il loro cattivo esempio e i loro pregiudizi creano seri dubbi sull’animo tendenzialmente buono dei giovani e li aizzano ad una lotta aperta e senza esclusione di colpi.

Queste considerazioni m’indussero a redigere e a leggere una lettera aperta ai genitori, agli alunni e ai professori. AI GENITORI ricordai le difficoltà che i figli avevano incontrato a scuola e li incoraggiai a non lamentarsi dei risultati, visto che nessuno muove un dito perché le cose cambino. AI GIOVANI feci presenti che il Mondo di domani sarà nelle loro mani, pertanto il compito di oggi è quello di osservare come vanno le cose per proporsi di cambiarle in meglio.  AI PROFESSORI ricordai che nel nostro lavoro bisogna anche mettere in conto la delusione e lo scoraggiamento, ma nel contempo avere sempre presente la fiducia e la speranza nel senso che i frutti non si possono vedere dall’oggi al domani. Il docente si distingue dal venditore di chiacchiere se spiccano il lui 3 caratteristiche, amore, competenza, comunicazione.

Per approfondire quest’ultimo concetto, preparai una lezione di grammatica italiana deducendo e mostrando gli effetti buoni di una lezione fatta bene, e gli effetti negativi di una lezione fatta male.

Da una lezione condotta con amore e competenza, gli alunni impareranno ad amare chi li guida, ad avere simpatia per la scuola, comprensione per i docenti, orgoglio per la cultura, sottomissione all’autorità.  – Da una lezione presentata in modo scialbo e sprezzante dedurranno, vendetta per chi li opprime, antipatia per la scuola, disprezzo per la cultura, avversione per i docenti, esecrazione per l’autorità.

Di qui scaturisce la nostra responsabilità, per una competenza massima, sia culturale, sia pedagogica.

Considerando poi che le facoltà spirituali si esprimono attraverso organi materiali, presentai la necessità di averli tutti funzionanti al massimo grado possibili, e mi fermai dettagliando in particolare i seguenti argomenti: il riposo, i pasti, lo sport, gli svaghi, lo studio, le visite mediche.

Poi venne il momento di affrontare più da vicino la condotta pedagogica da seguire in 1°e 2° elementare in cui l’impegno scolastico è direttamente proporzionato al tipo di vita vissuto in famiglia da zero a 6 anni e all’influenza dell’ambiente.  Così, da una parte emerse la necessità di creare intorno ai bambini un ambiente favorevole al loro sviluppo, dall’altra l’urgenza di affidare le prime classi ad esperti pedagogisti o psicologi. In questo periodo i bambini sono come le pianticelle delicate che, se fatte crescere su terreno arido, senza sole, senza liberarle da insetti infesti, inaridiscono e muoiono, senza mai poter raggiungere il loro pieno sviluppo. In questo periodo si pongono le basi e si stimola l’amore alla cultura. Se le basi sono traballanti e l’amore alla cultura si trasforma in odio, la futura erezione del complesso culturale sarà solo un’utopia.

Sul secondo ciclo delle elementari ci fermammo in primis a considerare la necessità di insegnare ai ragazzi la lingua greca quanta basta per metterli in condizione di capire meglio l’italiano, l’aritmetica, la geometria, la geografia, la medicina, l’astronomia, ecc, dove tutto, o quasi tutto, è greco. Infatti, nella lezione seguente sostenemmo che l’aritmetica si può insegnare col gioco e col greco. Poi, tenuto conto del gran valore della geografia e degli spunti che offre per l’insegnamento delle altre discipline, concludemmo che la si può usare come fondamento della programmazione. Dicemmo infine, che la storia andava presentata facendo notare il contorno umanistico, letterario, filosofico, artistico, pedagogico, sociologico, perché la storia ha grandissima importanza per affinare i sensi, la mente, l’immaginazione, la memoria, il linguaggio e l’abitudine della virtù. La religione va presentata con il rigore della logica e della psicologia, con il rigore della scienza in concomitanza alla teologia.  Le scienze sono un’occasione per dare ai ragazzi quei consigli basilari per il loro sviluppo fisico e intellettuale.

Ma come va trattato l’uomo che c’è di fronte?  Con i suoi problemi di sviluppo fisico e psichico appunto? La risposta fu che l’educatore dovesse tenere sempre presente la massima secondo cui ogni essere è un mondo a sé, e va preso per quello che è, e non per quello che noi vorremmo che fosse.  La prima cosa certa, comune alla scienza, al buon senso e all’esperienza, è che ognuno ha un comportamento suo, un suo temperamento speciale, anche se poi l’ambiente lo può, naturalmente, modificare in parte. In ogni caso, il comportamento è legato a certi fili genetici che si fanno sentire direttamente o indirettamente in tutto quello che facciamo. Questa parte istintiva, qualificante ogni singolo individuo e rendendolo unico nel suo genere, non è possibile eliminarla. Allora ci chiedemmo fino a che punto il nostro comportamento era frutto dell’eredità genetica e, in quale misura invece, l’educazione e l’ambiente in cui un individuo vivo, possano modificare certe situazioni che provengono da un fatto ereditario. Di qui la discussione, eredità o ambiente? L’eredità ha la sua parte nel comportamento, l’ambiente non di meno. Per curare adeguatamente i giovani dunque, bisogna creare intorno a loro un ambiente ragionevole dove la comunicazione, la trasmissione, la partecipazione, insomma l’educazione, sia offerta in modo comprensibile e alla loro portata. Ciò è possibile solo con la comprensione, appunto, vale a dire col mettersi nei loro panni.  Chi più di un docente dovrà possedere la capacità di decentramento per far sì che la cultura penetri nella mente dei giovani allievi?  L’insegnamento dunque, è il ramo più importante della comunicazione. Se il linguaggio non è adeguato, il destinatario è privato di comunicazione e viene di conseguenza ostacolato nell’accesso alla scienza, all’economia, alla cultura, e quindi in pratica, dirottato verso altre fonti, verso altri messaggi meno impegnativi. Come rendere comprensibile il messaggio dovrebbe essere il tema principale dell’aggiornamento dei docenti e degli operatori pastorali nei loro Sinodi.

Ma prima di apprendere per trasmissione, il bimbo apprende per esperienza attraverso il gioco. Il quale [cf Lez. 14] non solo è essenziale per una crescita equilibrata, ma stimola il bambino a mettersi nei panni del futuro, spingendolo a risolvere problemi non ancora reali ma immaginati tempestivamente. Terminando, affermammo che l’apprendimento per immaginazione richiedeva un’educazione adeguata.

Dopo di ciò passammo ad esaminare il rapporto tra teoria e pratica, rilevando che entrambe sono un patrimonio inscindibile nell’educatore che voglia fare le cose sul serio. Del resto i giovani sono come noi li formiamo. Non esistono irrecuperabili, esiste l’educatore sbagliato.  La riforma pedagogica deve mirare a responsabilizzare l’allievo ed ispirargli fiducia nel suo avvenire, non con il regalo di un titolo di studio, ma con una disciplina molto più severa e una cultura molto più profonda perché, arroganza e presunzione sono la conseguenza della mortificazione dovuta all’ignoranza; ribellione o contestazione sono la reazione a una forma di oppressione intellettuale; sbandamento e ricerca del nuovo sono la conseguenza di mancato affetto e comprensione; droga e rapina sono frutto di mancato amore verso i giovani che cercano altrove le loro soddisfazioni; libertà indiscriminata e incontrollata del sesso  sono conseguenza di stupidi tabù e di mancato affetto in tenera età; l’incredulità dei giovani in quello che si insegna è frutto delle bugie dette dai grandi nella loro prima infanzia.

Disperare, in ogni caso, è un assurdo sentimento. Anche con ritardo e naturalmente con minori frutti, può iniziare l’opera educativa, a condizione che l’educatore lo volesse, si prepari, non rimpianga il tempo perso.

I giovani sono delle miniere d’oro e solo quando si scoprono si possono e si devono valorizzare. Così automaticamente sorse la domanda: Che cosa insegnare?  Rispondemmo: insegnare ad amare, insegnare a dare il primato all’essere più che all’avere, insegnare a giudicare la società per migliorarla, insegnare a vivere in comunità, insegnare educazione morale, civile e sociale, insegnare a sviluppare l’intelligenza, insegnare ad amare il proprio corpo.

Circa la pedagogia da usare per educare ai valori, esponemmo alcuni principi: rispettare e accogliere ogni alunno, accettare le differenze, promuovere il bene comune, dialogare, lavorare e giocare in equipe, comportarsi secondo giustizia, riconoscere i doveri e le libertà proprie, rispettare l’autorità, migliorare l’ambiente, interessarsi dei problemi mondiali.

Dopo di ciò ritornammo sulla formazione dei giovani per studiarla sotto l’aspetto biologico e scientifico.  Cadde così il discorso su Jean Piaget e Maria Montessori per l’orientamento prevalentemente biologico in base al quale essi affrontarono e approfondirono il pensiero e il comportamento del bambino. Il fatto più rilevante è che gli studiosi in parola considerano lo sviluppo mentale come un prolungamento di quello biologico governato dalle stesse leggi e principi.

Ma il corpo docente nella scuola d’oggi è all’altezza della situazione? Sfortunatamente la risposta non è per nulla lusinghiera. Pertanto si pone il problema di una scuola nuova.  Un esempio di scuola nuova lo fornisce John Dewey rilevando il rapporto tra Scuola e Società, tra Scuola e Mondo del Lavoro.

 Dewey vuole una scuola fatta per l’alunno, e non l’alunno fatto per la scuola.  Gli fanno eco Richmond, il Rapporto Kerr, il Rapporto Faure, Hùssen, Ugo Spirito ed altri.

INTANTO sorse il problema della valutazione degli alunni, in altre parole della docimologia, per non dimenticare il greco.  Disgraziatamente qui da noi la valutazione scolastica si attua ignorando quasi completamente persino i più semplici e basilari contributi offerti dalla docimologia. Quante volte, anche con la buona fede di questo mondo non si scambia un blocco emotivo per scarsezza d’intelligenza o per un’assurda mancanza di volontà?  In questo caso si rischia di perdere o sciupare i grandi cervelli che sicuramente si trovano tra i nostri alunni, con gran danno per loro stessi e per l’intera società deprivata del contributo che essi avrebbero potuto dare. Con la lez. N° 27 c’inoltrammo più appassionatamente nel campo specifico della psicologia, tratteggiando sviluppi, sfumature, sfaccettature, implicazioni pedagogiche e problemi pratici sui seguenti argomenti: la memoria, con le tre fasi dell’impressione, della ritenzione, della rievocazione; l’immaginazione, nella fattispecie riproduttiva e creativa; l’emozione, nelle sue tre manifestazioni precipue: amore, ira, paura; il pensiero, come atto qualificante quest’essere per eccellenza che è l’uomo, conclusione e apice della creazione.

All’alta fantasia qui mancò possa, ma già volgea il mio disio e ‘l velle, sì come rota ch’igualmete è mossa, l’Amor che move il Sole e l’altre stelle.

Abbiamo così terminato questo primo ciclo di lezioni pedagogiche e speriamo di continuare nel prossimo futuro ancora attraverso la radio stante il gran numero degli ascoltatori. Negli anni seguenti c’intratterremo sulla conoscenza di sé, poi sulla verità, e infine sulla teologia.

Nulla in contrario, se qualcuno sa fare e dire meglio di me. Basta che lo pubblichi in web e lo dia in pasto al Mondo. Saranno i lettori a giudicare. Grazie a tutti.

 

Segue APPENDICE con la conclusione della terza lezione.

 

APPENDICE

 

Conclusione della lezione numero 3 a titolo: Una lezione di grammatica italiana.

 

Omissis.  A conclusione di questa terza lezione vorrei sottoporre alla vostra attenzione alcune considerazioni. La prima cosa che mi viene in mente di rilevare, è che l’educatore non può essere una persona mediocre, superficiale, dozzinale; per lui non ci sono mezzi termini: o è una nullità o è una personalità. L’intento superbo di queste lezioni è il raggiungimento di quest’ultima. Sarò lusingato se riesco a suscitare interesse negli ascoltatori o lettori.

Per quanto mi riguarda, voglio puntualizzare i cinque momenti emergenti che fanno parte integrante della mia personalità: non sono cose nuove, ma sono cose in cui non si finisce mai di apprendere.

 

La pazienza, che va ricercata, ed individuata ogni giorno, Più se ne ha e meno basta. La sua perdita o la sua assenza, è crisi, è stress, è lotta, è guerra con sé e con gli altri.

La comprensione, o come in quest’ambito si dice, l’empatia, è la caratteristica essenziale per capire e curare il giovane mettendosi nei suoi panni. Senza di lei il nostro lavoro è un buco nell’acqua.

La legalità, vale a dire il rispetto scrupoloso delle leggi e delle norme vigenti, per non essere indotti e non indurre ad omissioni o azioni che rovinano la reputazione con una condanna penale.

Il lavoro in équipe, come momento socializzante e gratificante. Senza di ciò è caos ed anarchia.

La ricerca, intesa come aggiornamento in itinere, studio, confronto.  Trascurarla significa arare col bue in tempi di missilistica e computer.

Vi saluto e ricordate: cultura et simpatia aut simul stant, aut simul cadunt.

A questo punto c’è un breve stacco musicale durante il quale si ricorda il numero telefonico della radio, e subito dopo si dà inizio alle telefonate con domande e risposte, sempre brevi. Grazie.

Traduzione

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