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2. PARTE SECONDA (Una vita da raccontare)

L’Istituto Nautico “Nino Bixio”

 

Mia madre amava la natura, la verità e la Signora Celeste. Come figlio d’arte, io non potevo tradire l’eredità genetica ricevuta, e così ho fatto di più e meglio. Per questo motivo non potrei riferire robe contrarie alla verità per la semplice ragione che mi metterebbe in contrasto con la Signora, cosa che io non voglio e lei nemmeno. Dunque andiamo ad esaminare cos’è successo in questi 5 anni, dal settembre 1950 all’ottobre 1955. Mio padre era contrario che io continuassi a studiare: Non ci sono soldi per mantenerlo agli studi. Gli altri tre, infatti, non hanno potuto. Parlando di me, vinse la triplice alleanza: la mamma, la Signora ed io. Babbo si convinse e sborsò a malincuore la prima iscrizione. L’Istituto Nautico è una vecchia costruzione quadrangolare nel Centro Storico di Piano. Vi si entra dalla SS 145, che nel Comune prende il nome di Corso Italia, attraverso una scalinata con una quarantina di scalini allungati, con una pendenza del 10% su una lunghezza di 100 metri circa. Secondo me la struttura è il vecchio convento dei Carmelitani Scalzi, visto che fa corpo unico con la Chiesa datata 1687 e ridotta ormai al Canto del Cigno. C’è rimasto un sol vecchio carmelitano anchilosato che non ci vive, ma che va a celebrare la Messa Domenicale. Raccontando tutto questo, mi viene in mente la problematica urgente circa la mancanza di vocazioni religiose. Allora fantastico, aguzzo l’ingegno, mi lambicco il cervello per trovare una soluzione e le cause. Il fatto non mi riguarda direttamente, sia chiaro, però come fenomeno avvincente, mi stuzzica ad interessarmene, da una parte, per ficcarci il naso come pedagogo, dall’altra, per sottilizzare teologicamente come addottorato di ricerca in teologia dogmatica. Per prima cosa, bisogna chiarire che gli operatori pastorali, sembrano poco attenti alla presentazione. L’unica attività da loro preferita, è magnificare che il mondo è male, che quel gesto o detta parola, se è peccato o meno, che la fede si chiede come grazia, eccetera. Nel 1700, Antonio Rosmini esaminò i 17 secoli precedenti e li dipinse con Le Cinque Piaghe della Chiesa. Nel 1500, Erasmo da Rotterdam mise la lente d’ingrandimento sul millennio e mezzo trascorso e ne tirò fuori Elogio della Pazzia. Nel 1100, Bernardo di Chiaravalle, Abbaye de Clairvaux, si diede ad una riforma del clero che non aveva eguali. Nel 400, Agostino di Tagaste volle mettere ordine nel guazzabuglio d’idee e di parole che si andavano spendendo e spandendo nei primi anni della Chiesa e ne tirò fuori dei capolavori: Questioni aperte sui Vangeli, La Genesi alla lettera, Creazione, Ispirazione, Trinità, eccetera. Ancora oggi, caro lettore, molti ciarlatani parlano delle Confessiones come una pubblica accusa di Agostino per i suoi peccati giovanili e la sua conversione susseguente.

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In realtà, Confessioni, viene da confiteri, come “lodare”, e perciò esse si possono ben dire un inno di lode che Agostino innalza al Signore, narrando la sua vita passata e considerando il suo presente. In altre parole, è ciò che sto facendo io con questo più modesto scritto. Agostino gettò le fondamenta della nostra religione, e oggi 2008 sono rimaste tali, senza che cambiasse proprio niente. Cambiare qui è inteso come migliorare, perfezionare, aggiungere. La Religione Cattolica conta circa un miliardo e mezzo di fedeli, tra chierici e laici, e nessuno di questi, fino ad ora, ha dato in pasto al mondo le sue idee riguardanti, le verità della fede con un sito web, tranne il sottoscritto. Ho messo a disposizione dei lettori chierici e laici, il mio orientamento pedagogico nella sezione In difesa dei Giovani, ho presentato la mia interpretazione dei brani evangelici domenicali nella sezione Omelie, ho risolto con la scienza alcuni problemi riguardanti la fede, nella sezione Formule, e tante altre robe ancora. Al momento c’è da segnalare solo il pietoso inganno che si opera durante la celebrazione eucaristica. Si blatera senza fine che bisogna nutrirsi del Corpo e del Sangue di Cristo. In realtà li assume soltanto il celebrante e nemmeno consacra durante il rito, le ostie che occorrono per i fedeli. Le prende dalla custodia, e nel distribuirle ricorda con sussiego che quello è solo il Corpo di Cristo. La normativa esiste, e perché non l’applicano? Si provi a chiedere spiegazioni, a qualsiasi prete, riguardo a quanto detto avanti.  Con questi chiari di luna, qualcuno potrebbe pensare che i giovani non si sentissero incoraggiati ad intraprendere la carriera ecclesiastica! Non lo so!   Per ora può bastare e ritorniamo all’Istituto Nautico.

Furono gli anni più belli della mia vita, per la freschezza della gioventù e per l’apertura al sociale; per l’ansia della verità e per la stima dei colleghi.  Tra casa e scuola non c’era più di 800 metridi distanza.  Uscivo al mattino con il bacio di mia madre, e tornavo il pomeriggio quando lei non c’era, impegnata in qualche lavoretto per non farmi mancare quel poco che mi serviva per gli studi. Mi lasciava sul focolare spento, un pentolino con qualche cosa da mangiare e che io divoravo con la fame da lupo. Per tutto questo le dico Grazie finché vivo. Ad ogni modo, l’ingresso all’Istituto Nautico mi aprì la mente a 180°, mi rafforzò l’ansia del sapere, e diede impulso alla strutturazione fisica del mio corpo che ancora oggi permane tale e quale.

I precedenti culturali e educativi che avevano in precedenza formalizzato la mia personalità, mi furono di grande aiuto per un successivo balzo in avanti. Per questo motivo, ancora oggi predico: Prima le basi, poi l’Anàbasi. “Anabasi”, viene dal greco “anabàino”, io salgo su, vado avanti, procedo con cautela. Si tratta di un’opera di Senofonte sulla spedizione di Ciro il Giovane nel 401 all’interno della Persia.

 

 

Letteralmente ci riferiamo ad un viaggio lungo, tormentato e faticoso, esattamente come avviene in pedagogia e in teologia. Disgraziatamente, oggi sembra che si voglia educare prescindendo dal semplice, e fare religione senza tener conto dell’inizio, o addirittura proponendo l’imitazione dei Santi nello stadio finale della loro esplosione. Ritornando all’Istituto Nautico “Nino Bixio”, la prima cosa che mi viene d’annotare, è la Prof d’Italiano “Procaccini”, una Signorina con i suoi anni, che s’innamorò di me, non fisicamente ovvio, bensì per la mia curiosità intellettuale. Sedevo al primo banco, guardavo in bocca la prof, quando spiegava, apprendevo la materia seduta stante. Con il retaggio culturale in precedenza acquisito, svolgevo i temi su non più di tre paginette di foglio protocollo. Lasciavo un pollice di spazio a dritta e a manca, e usavo una grafia pressoché perfetta per non dare adito ad equivoci, e per evitare alla prof la fatica di un’interpretazione semantica. Il contenuto era impostato secondo i canoni richiesti: una breve introduzione, una sintetica conclusione, e lo svolgimento. Nel corpo del lavoro procedevo con onestà, chiarendo prima i termini della traccia ed esponendo poi con sincerità e modestia il mio pensiero, se richiesto dall’argomento. La prof mi dava di solito un buon giudizio e il voto “9”, cosa rara per quei tempi in cui si scriveva “l’ibertà” con l’apostrofo, e “a lungo” con allungo. Gli altri 24 colleghi non si amareggiavano, anzi mi apprezzavano per il fatto che rimanevo modesto e non guardavo dall’alto in basso nessuno di loro. Ci volevamo bene e ci stimavamo tutti a vicenda. Di 23 di loro ho perduto le tracce, Luciano Danza ed io invece, siamo tuttora intimi e ci frequentiamo come due fratelli. Ad ogni modo, la strana valutazione dei temi con il “9”, un poco alla volta spinse i compagni, or l’uno ora l’altro, a richiedere il mio parere su delle questioni particolari, specialmente nell’ambito della religione. Sì, dico bene, in quanto l’insegnante di questa disciplina, era alquanto estroverso e per niente profondo. Durante un breve periodo di vacanze canoniche, mi venne in mente di svolgere un tema che avrebbe riassunto in sintesi la visione scientifica e il problema religioso insieme. Il titolo fu: La Nostra Terra! Ecco qui lo svolgimento. Un detto popolare afferma: Da questa vita non ne usciremo vivi, e neppure la Terra. Gli scienziati aggiungono: Fra 5 Miliardi d’anni, il Sole si espanderà in una gigante rossa, assorbendo nel suo grembo incandescente, tutti i Pianeti interni. A quel punto l’acqua ghiacciata di Titano (luna di Saturno), in questo momento a meno 180° C, si scioglierà, e dal suo limo, potrà apparire qualcosa d’interessante. Non è peregrino immaginare trattarsi di una sonda giunta lì con qualche missione spaziale. Disgraziatamente nessuno potrà scoprire da dove è arrivata, o sospettare la nostra remota esistenza. Ciò premesso, pensiamo a noi che siamo qui sulla Terra, e domandiamoci se riusciremo a scampare l’ultima estinzione del Pianeta, e a cavarcela insieme al resto della Vita, invece di distruggerla.

 Ad ogni modo, teniamo a mente che non possiamo andare avanti molto a lungo nella condizione attuale, dove il diagramma è fortemente in discesa.

Le varie religioni offrono agli umani viventi, dei futuri alternativi. Alcune di loro propongono un Regno di Pace, sulla Terra, che varia da 7 a 7000 anni, e di cui farebbero parte solo i giusti, previo l’allontanamento degli empi. In ogni caso, le diverse religioni si trovano in disaccordo su chi sarebbero i giusti, perciò credere ad una di loro, richiede un grande atto di fede. La scienza, da parte sua, non offre criteri sufficienti secondo cui selezionare i sopravvissuti, se non con l’evoluzione dei più forti. Infine, circa il destino del pianeta, le religioni si mantengono nel vago, se non peggio. Alla domanda se ripartirà da zero, insieme all’intero Universo, in una sorte di Big Bang a ripetizione, la risposta è sempre la stessa: Chissà!

Il Mondo esiste per servire gli esseri umani, e tutto è fatto per l’uomo. Nell’ipotesi reale che l’uomo scompare, anche la natura avrà fine. Dervisci e Cristiani mettono in guardia sull’avvicinarsi della fine, e puntano il dito sui segni visibili. L’armonia si è rotta. I buoni sono in minoranza. C’è molta ingiustizia, sfruttamento, corruzione, inquinamento, selezione, guerre. Questa è la situazione che abbiamo di fronte, facile o difficile da interpretare. Il bene e il male sono finalmente separati e finiscono rispettivamente al paradiso e all’inferno. Noi però, possiamo rallentare questo processo se i buoni si danno da fare per ripristinare l’armonia, e accelerare la rigenerazione della Natura. Meditate amici miei! Noi tutti ci prendiamo cura del nostro corpo per vivere una vita più lunga. Dovremmo fare lo stesso con il Mondo. Prendendocene cura, lo facciamo durare più a lungo in modo da posporre il giorno del giudizio. Possiamo fare una cosa del genere? La speranza è legata alla creazione di megaconnessioni, per obbligarci a convivere con la natura selvaggia. Earth First!

In un sistema riequilibrato ci sarebbe la possibilità di sopravvivere. Diversamente, il buco nero in cui noi umani stiamo spingendo la Natura, ingoierà anche noi. Ora dobbiamo affrontare la bestia più grossa di tutte, quella più difficile da ignorare. Attenzione! La popolazione umana mondiale cresce molto rapidamente, e numeri sfuggiranno al controllo finché sarà troppo tardi. L’unica cosa da fare, per invertire la tendenza, è la volontà di dimostrare che dopo di tutto, è davvero l’intelligenza a renderci speciali: mettere alla prova le nostre conoscenze. Sarebbe doloroso, ma non fatale. Basterebbe che ogni donna sulla Terra, capace di riprodursi, facesse un unico figlio. Meno nascite ridurrebbero la mortalità infantile, e risolverebbero intelligentemente il problema della fame, la fornitura d’acqua, l’incremento tecnologico, lo smaltimento dei rifiuti, e quanto altro. Qualche scienziato propone che in 150 anni, in pratica entro il 2100, la popolazione potrebbe attestarsi su 1,5 Miliardi. La descritta saggezza ci offrirebbe la gioia crescente di vedere il Mondo diventare ogni giorno più splendido, con aria pulita, con uccelli a far festa, e senza altre guerre come quella appena terminata. Gli USA, è vero, ci hanno liberato dal tedesco. La nostra soggezione però nei loro riguardi, sono certo, sarà molto più  lunga e terribilmente più penosa. Al contrario, se lasciamo crescere la popolazione secondo le stime recenti, la nostra tecnologia sarà in grado di aumentare con lo stesso ritmo le risorse disponibili? Nessuno lo sa!

Potremmo andare ad abitare su altri Pianeti, d’accordo! L’unica cosa dubbia però, è che non saremo in grado d’andarcene di qui in tempo ragionevole. Solo senza di noi la Terra riprenderà a vivere secondo il suo stile. A questo punto terminerò l’assunto secondo il mio stile. Concedendo che le emanazioni del nostro cervello viaggiano nello spazio infinito, descritto come una bolla in espansione, non è azzardato pensare che le nostre onde cerebrali possano alla fine, tornare ad approdare qui. Un giorno, noi e i fantasmi dei nostri ricordi, torneremo a casa sulla cresta di un’onda cosmica elettromagnetica, ad infestare la nostra amata Terra. Di nuovo!

Piano di Sorrento, 26 febbraio 1954.

                                                                           Antonino Cappiello

 

Lessi e rilessi la minuta, la corressi, e la copiai in bella grafia su un foglio protocollo.  Piegai il foglio e lo misi in una busta e riposi il plico in un libro aspettando l’occasione propizia per leggerlo ai colleghi. Tra le altre materie di studio ce n’era una detta “Esercitazioni Marinaresche”, per le quali occorrevano 3-4 ore di seguito. Bisognava recarsi alla Marina di Cassano percorrendo più di un Km, dov’era ormeggiato un gozzo di 7 metri, di proprietà della Scuola, per esercitarci in voga e nuoto. Capitò che un mercoledì piovesse a dirotto, tanto da non potere uscire.  In quell’anno ero capoclasse e avevo una parola in più. Chiesi ai colleghi di chiudere la porta per non dare all’occhio, perché avevo una sorpresa per loro.  Tirai fuori il tema e glielo lessi con sussiego. Terminata la lettura, uno di loro si alzò e disse: A te, ti devono fare Cardinale! Gli altri: Sì, è vero, questo è un Cardinale. Si chiama pure Cappiello! Sono uscito dall’Istituto Nautico con il titolo di Cardinale. La cosa non dispiacque a me, e nemmeno ai professori, però fino ad oggi la porpora non mi è ancora arrivata. Detto questo, devo necessariamente menzionare un aneddoto che capitò durante l’ora di fisica. Il prof aveva nome e cognome, ma noi lo chiamavamo “’o palummo”, il colombo, per il suo modo di camminare e di stare in cattedra. Non che lo fosse davvero, ma così appariva ai nostri occhi d’alunni. Assistente di fisica era un prof detto “Vicienzo ‘o Palliste”. Nell’aula di fisica i banchi erano disposti ad anfiteatro, e di fronte c’era la cattedra situata sopra una pedana alta, un palmo da terra. Sulla parete, in altro a destra, guardando la cattedra, era appeso un poster 1x2 metri, con  denominazione, simbolo, numero atomico, e peso atomico degli elementi chimici. Non so per quale motivo il peso del Cesio – 132,91 - non si leggeva essendo il poster bucato proprio lì. L’aula delle lezioni era comunicante con la sala esperimenti, dov’era generalmente reperibile l’assistente Vicienzo ‘o Palliste. In quell’anno, a Castellammare era successo che un alunno aveva sparato e ucciso un prof, e la cosa fece molto scalpore. ‘O palummo, da pennuto che era, temeva più d’ogni altro il colpo di grazia. Paladino, dall’alto della 3° o 4° fila, con voce moderata, ma tale da avvertirsi, ogni tanto ripeteva: L’aggia accidere! Lo devo uccidere. Oppure: L’aggia sparà! Gli devo sparare.

Per rendere più tragico il momento, nessuno si muoveva; regnava nell’aula un silenzio di tomba. All’udire quelle parole “masticate”, il prof abbassò gli occhiali sulla punta del naso, cacciò gli occhi un palmo fuori delle orbite, e scrutò la classe nella speranza di capire chi era stato a minacciarlo. Gli alunni, tutti e 25, erano con la testa sui libri, senza fiatare. A rendere più crudo quel silenzio, successe un fatto tragico. Sorrentino, appena finito di sgranocchiare le arachidi, rimase con il sacchetto di carta, vuoto, nelle mani. Non ci credere, lo strinse, vi soffiò dentro, e colpì il banco. Nessuno se lo aspettava, e il botto fece tremare tutti. Il prof si guardò intorno, e si tastò il petto e le braccia. L’ha colpito, disse Iovine. Luciano Danza subito sbottò: La pallottola dov’è finita? Io, seduto al primo banco, credibile e rispettabile, sollevai l’indice della mano destra, indicai il peso atomico del Cesio che non si leggeva, e sentenziai: Eccola la pallottola, è nel muro! Ha bucato il poster!  “’O palummo” raccolse in un battibaleno borsa e registro e scappò, gridando, verso la sala esperimenti: Vicié aiuto, Vicié aiuto! Poi corse di filato in sala professori, forse felice di poter volare ancora.

In quei tempi all’Istituto Nautico si studiava inglese e francese. Il prof d’inglese era un bravo uomo, dolce ed esigente al tempo stesso, e con una buona pronuncia. Per parte mia m’impegnai molto ed imparai diversi brani a memoria. Alcuni di quelli tuttora li ricordo. Questo apprendimento mi sarà molto utile in seguito. Come insegnante di lingua francese, noi di V B, avevamo una “demoiselle”, abbreviazione di “mademoiselle”, attiva, intelligente ed innamorata della lingua. La sua modesta età ed il nobile portamento, fecero supporre a noi alunni, essere nata nell’anno in cui i francesi presero la “Pastiglia”. A parte la battuta, imparai bene anche questa lingua, e i brani menati a memoria, li ripeto spesso ancora nel III Millennio. In seguiti trarrò molto profitto anche da quest’insegnamento.

Grande aiuto per l’apprendimento delle lingue lo ricevetti dalla perfetta conoscenza della grammatica italiana, iniziata alle Medie e perfezionata con la Signorina Procaccini. Il voto “9”ai temi mi era assegnato anche dal fatto che usavo figure e tropi nell’esprimere il mio pensiero. Ad esempio: L’ASINDETO = Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d’ira, facevano un tumulto in quell’aura senza tempo tinta. Il POLISINDETO = E mangia, e beve, e dorme, e veste. L’ANTITESI = Vergine madre, figlia del tuo figlio. La LITOTE = Non mi sento bene, sto male. La PARAFRASI = E’ passato a miglior vita.

La PROSOPOPEA = Vedi Roma che piange, vedova e sola. La METAFORA = Accecato dall’ira.  Ha un cuore di pietra. L’ALLEGORIA = Ed una lupa, che di tutte brame sembrava carca, mi porse tanto di gravezza che perdei la speranza dell’altezza.  La METONIMIA = Leggo Dante con piacere. Marco ha messo il suo legno in mare. L’IPERBOLE = Versò un fiume di lagrime. Il lavoro lo uccide se non si ferma. La Loren è una stella. L’IRONIA = Sei ben contento, sì, e guardati allo specchio.

Mi scuso per la digressione, ma ho voluto dimostrare, spero, che le cose semplici sono più importanti delle complesse, e che senza di quelle, non esistono queste. Protoni, Neutroni, Elettroni, non si vedono nemmeno, eppure “il reale” è formato solo da loro: il moscerino e la montagna, l’acqua e l’uomo, sono solo composizioni diverse dei tre elementi. Per non tirarla a lungo, affermo quanto segue: il latino e la grammatica italiana, mi facilitarono la strada per l’inglese e il francese. Di qui al tedesco, allo spagnolo e al portoghese, e mentre scrivo, al russo, non è stato che un’affacciata di finestra per sorbire un boccone d’aria nuova. La stessa cosa è capitata con la sfilza dei titoli di studio, come chiarirò in seguito. E aggiungo: chi non riesce a conseguire altri titoli di studio, forse dipende dal fatto che non ha conquistato il primo con coscienza.

In un immenso spazio ad “elle”, al piano terreno dell’Istituto, di là dalla palestra scoperta, erano alloggiate nell’officina motori ed il reparto lavori. In officina si mettevano in moto motori elettrici a corrente alternata, motori elettrici a corrente continua, motori a scoppio a 4 tempi, Diesel e a testa calda, con un fracasso infernale. Tra l’altro, questi motori dovevano essere smontati e rimontati. Sui banchi di lavoro si realizzavano incastri a coda di rondine, dadi, bielle, manovelle, traversine e ruote dentate. Si scendeva in officina con il metro a nastro metallico nella tasca pettorale della tuta, e con il calibro a corsoio nella tasca laterale. Inoltre, guanti, lenti, e uno straccio pendente dalla tasca posteriore. Altra disciplina era “Macchine e Disegno di Macchine”. Il prof, l’Ing. Machiavelli, ordinò una volta, di disegnare uno spaccato di turbina al 4x1, con conseguente “spaccamento” dei reni. Impiegammo un trimestre e più, in ogni caso, non meno di 44-48 ore.

Prima di terminare questo paragrafo, desidero ricordare che l’ITNS di Piano ha due indirizzi: Capitani di Coperta e Capitani di Macchine. Ad ogni modo, perché scelsi Macchine?  A 15 anni, terminate le Scuole Medie, sentivo pressante il bisogno di un confidente serio, sincero e sicuro. Mio padre: Metti la zappa sulle spalle e vai a lavorare! Mia madre, con la sua modestia ed umiltà: Figlio mio, vedi tu. Quello che fai è tutto ben fatto. Cosa ne posso sapere io? Le persone più avanzate in età, tiravano acqua al proprio mulino. Intanto, buona parte dei coetanei vicini di casa, scelsero “Macchine”, ed io, pur di avere dei confidenti con cui sfogarmi e con cui risolvere gli stessi problemi, scelsi Macchine. Durante il periodo di studi, 50-55, avvennero i fatti che fra poco racconterò.

Tutto capitò perché le circostanze me lo imposero, è vero, ma era scritto in Cielo che così doveva andare. La Bella Signora ha avuto sempre in mano Lei il timone della mia vita, e le dico: Grazie! Lasciarsi cullare dalle circostanze e accettarle di buon grado, è fare la volontà dell’Onnipotente Creatore, e ciò costringe la Signora ad avere un occhio particolare per te.

Fine seconda parte. 

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