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5. PARTE QUINTA (Una vita da raccontare)

Università Gregoriana in Roma ed altro

 

Il racconto della mia vita m’intriga sempre più, il mio subcosciente si spalanca e diventa sempre più chiaro. Ritornando ai tempi passati, li rivivo con piacere, mi sento con l’età di allora; geniale per davvero! Mi vedo giovane e desideroso d’imparare, capace d’intraprendere qualsiasi carriera, recidivo sempre alle ingiustizie ed alle mediocrità. Con la stessa facilità con cui avevo rinunciato all’Accademia Militare, e intrapreso la carriera ecclesiastica, adesso dovevo lasciare questa, per dedicarmi ad un diverso lavoro, dopo il “colpo di grazia” ricevuto durante la prima Messa. Non avevo fretta. Adesso bisognava attendere un nuovo momento adatto per uscirne a testa alta. Guai a me, sottomettermi all’umiliazione di seguire la via gerarchica. Il gatto e la volpe mi avrebbero stritolato nelle spire della burocrazia e dell’umiliazione. Avrebbero scritto loro le motivazioni per il mio ritorno allo stato laicale. Io non lo potevo permettere. Probabilmente nemmeno oggi, 2008, avrei ricevuto la dispensa, da loro chiamata riduzione, come frantumare, tagliare, rimpicciolire, per farti sentire una nullità, uno straccio, come ti avrebbero ridotto, come succede con tutti, nella malaugurata idea, che tu non te ne puoi più uscire da quelle spire. La Religione in sé, non è male, ma è criminale utilizzarla per opprimere. Vogliono far sembrare disdicevoli gli altri per coprire la loro turpitudine. No, non potevo permetterlo. Oramai ero sulla cresta dell’onda e non avevo nessun’intenzione di scendere. Inoltre, studiare alla Gregoriana era per me un punto d’onore. No, non potevo lasciare adesso. Specialmente nell’ora in cui, c’era il consenso di mia madre, e della Bella Signora. Lo stimolo poi, del mio Vescovo Carlo Serena, divenne la ciliegina sulla torta. A proposito di Vescovo, devo segnalare due aneddoti che mi sono sfuggiti. Nel ’62, quando ero prefetto in Seminario, riuscii a convincere l’Arcivescovo di compiere una visita agli alunni che studiavano a Salerno. Un giorno mi chiamò, e ci recammo insieme al Pio XI, con sorpresa di tutti. Oltre a ciò, Monsignor Serena volle che lo accompagnassi a Roma per l’apertura del Vaticano II. Visitando l’Aula Conciliare, mi concesse il privilegio di sedere sulla poltrona a lui destinata, per pochi minuti. Grazie, Eccellenza! Una notizia di cronaca: nel ’66 s’incominciò a vestire il clergy-man.

Ritorniamo a bomba. Nel settembre del 1966, presi posto al Convitto denominato San Carlo al Corso.  Al mattino uscivo a piedi per recarmi all’Università Gregoriana.

Salivo fino a Piazza Montecitorio e imboccavo Via Condotti, e poi Tritone, Fontana di Trevi, ed infine Via della Pilotta. In ogni caso c’erano mille possibilità per andare dal San Carlo alla Gregoriana.

A Roma imparai ad andare presto a letto di sera, per alzarmi di buon’ora il mattino, e anche per essere fresco per apprendere. Ancora oggi quello stile non è cambiato.

Alla Gregoriana, scelsi e superai gli esami delle seguenti discipline, riferite al V Anno della Facoltà Teologica, nell’Anno Accademico 66-67.

De Verbo inspirato iuxta Constitutiones Conciliares.

De Historia Salutis.

Sanctitas, signum salutis.

De Ecclesiae mysterio.

Problemata Joannea.

Haec omnia testor ego infrascriptus.  Romae, die 9 Julii 1967.

John R. Crocker, S. J. – Secretarius Generalis.

 

Le votazioni? Sono da far invidia a chicchessia. Ciononostante non ero contento. Ero deciso di arrivare a possedere il massimo, il dottorato di ricerca in teologia dogmatica. Passerà ancora un po’ di tempo, è vero, ma poi sarà mio! A Roma mi trovai bene, ma conducevo una vita di studio e di ricerca. Non c’è dunque, molto da raccontare, tranne l’unico fatto che ora descrivo.  Soggiornava al San Carlo un prete con la sua età. Parlava con flemma, gesticolava curiosamente, sembrava che gli mancasse qualcosa. Il fatto non m’interessava, però non avevo nulla in contrario a scambiare con lui quattro chiacchiere a pranzo e a cena. Un mattino in cui non dovevo andare a scuola, mi chiamò in camera sua.  Aprì due cassetti dell’armadio e tirò fuori una mantellina violacea, una croce pettorale, un anello e lo zucchetto. Indossò tutto e mi chiese come gli stava l’acconciatura, mentre si pavoneggiava dinanzi allo specchio. Gli espressi la mia contentezza, affermai che sembrava un vescovo, e chiesi perché avesse quella roba in casa. Aveva già tutto pronto, mi raccontò, nell’attesa della nomina per essere consacrato nella pienezza del sacerdozio, insomma, voleva che lo facessero vescovo. Terminato l’Anno Accademico, e preso il titolo alla Gregoriana, il sottoscritto tornò a casa, insalutato ospite.

A Sorrento, corsi subito dal Vescovo Serena e lo informai della mia situazione attuale.

Nel mese d’Agosto mi recai in Curia. Era Direttore dell’Ufficio Catechistico e Presidente degli Insegnanti di Religione, un certo canonico Giorgio Bagnato. Mi presentai a lui per chiedere se potessi avere anch’io un insegnamento di Religione nelle Scuole Statali. Gli presentai i due titoli validi appena conseguiti: la Licenza in Teologia, conseguita alla Facoltà di Posillipo, e il Certificato dei Corsi ottenuto alla Gregoriana. Alzò gli occhi con ritardo, non guardò nemmeno i documenti, ma rispose seccamente: Sei stato lontano dalla Diocesi! Per te non c’è insegnamento, né ora, né mai!  L’unico sfogo potetti averlo con Mons. Serena, il quale ascoltò e tacque. Passarono alcuni giorni, ed io già pensavo ad altro, quando don Giorgio Bagnato mi fece chiamare, e mi assegnò 6 ore di Religione all’Istituto Nautico di Piano, dove qualche anno prima mi ero diplomato.

La Signora del Cielo non smetteva di ricordarmi, attraverso successive circostanze: Tu sei fatto per insegnare! Ti voglio, però vedere su una cattedra conquistata, da cui nessuno ti potrà rimuovere! Secondo me, la Signora parlava così, sapendo che al momento, l’insegnamento della Religione sarebbe stato un trabocchetto. Non significa che la Religione è un male, ma chi usa l’inganno, tratta male la Religione. La nomina è annuale. Ogni anno, la Curia deve rinnovarla, o sei fuori. Inoltre, anche durante l’anno scolastico, per un motivo qualsiasi o anche senza alcuna motivazione, ti può revocare la nomina e tu resti sulla strada. Tenuto conto del mio carattere e della mia autonomia, la Signora mi concesse solo tre anni per conquistarmi un posto fisso, da cui ottenere quella pensione, sufficiente, per rimanere vicino a mia madre.

Era Preside del Nautico, il Prof Martino Cafiero, che mi nominò “Bibliotecario” dell’Istituto. Circa il mio insegnamento, posso affermare che, dopo 40 anni, i miei ex alunni, ricordano perfettamente quanto proposi loro da apprendere. Insegnai nel triennio 68-69, 69-70, 70-71. Nel ’68 passai ad abitare a Sorrento con la famiglia.

Fra qualche rigo copierò la relazione al Preside sull’insegnamento della Religione; relazione obbligatoria per ogni docente riguardo alla sua disciplina. Prima però, desidero dare alcuni ragguagli sulla legislazione di quei tempi.

A) Una donna sposata e con figli, poteva andare in pensione a sua richiesta, dopo 5 anni d’insegnamento. Lo Stato gliene regalava altri 5; e la maestra avrebbe percepito regolare pensione di 10 anni, a qualunque età si decideva di dimettersi, 25, o 27, o 30. Negli anni ’80, quando ero stato nominato dal Provveditore, “Vicario”, successe che una maestra insegnante, dopo aver preso possesso della cattedra nel mio stesso Circolo, si assentò per tutti e 5 gli anni per una gravidanza e l’altra. Durante la festa del pensionamento, era in compagnia d’altre 4 colleghe con 40 anni di servizio. Il Direttore affidò a me, il discorso di saluto. Naturalmente glielo feci leggere in anticipo. Il Direttore, al nome della maestra citata, battette il pugno sul tavolo, mi guardò e disse: No, a questa no! Nessun elogio! Devi solo scrivere che è passata come una meteora nel nostro Circolo, e si augura lunga vita! Basta così!

B) Il secondo caso riguarda un povero prete, vivente nel 2008. Dopo 18 anni come insegnante di Religione, gli fu revocato l’incarico. Il prete chiedeva altri due anni, per riscuotere il minimo della pensione con 20 anni di docenza. Non ci fu nulla da fare. Diciotto anni profusi, e senza quiescenza. Insegnando Religione poteva capitarmi la stessa cosa. Allora? Corri. Scappa. Fuggi, e non aver bisogno di nessuno, e non sottometterti al alcuno.

Di qui, cominciò una nuova avventura, del signor Bonaventura. Come, di fatto, successe.

Per adesso, io rileggo, e voi leggete, miei cari, la relazione del mio insegnamento.

 

Ill.mo Sig. Preside

Istituto Nautico Nino Bixio

Piano di Sorrento

Relazione del prof. Antonino Cappiello

Incaricato di Religione

Anno Scolastico 1970-71

Metodologia

Tenendo presente i programmi ministeriali per le Scuole Medie Superiori, ho scelto un tema comune per tutte le classi, in modo da condurre uno studio più approfondito, su un programma limitato. Il problema fondamentale che ha coinvolto le nostre energie, è stato: La scoperta di Dio. La Religione come punto d’arrivo nella perfezione umana mediante il ragionamento. Gli argomenti trattati entrano in una delle seguenti 4 discipline: Filosofia, Dogmatica, Esegesi, Pedagogia. In alcune classi è apparsa evidente la creazione di un rapporto d’amicizia con il prof di Religione e per lui, con la Chiesa; il che vale più che svolgere un programma.

Attività

Le attività di studio durante l’anno scolastico 70-71 si sono svolte nelle seguenti direzioni. A) Lavori di gruppi in classe, su proposta e soluzione di problemi. B) Ricerche, che hanno mostrato l’alto grado di razionalità dei giovani, l’intuizione elementare d’importanti problemi moderni, l’acutezza di mente nel penetrarli e risolverli. C) Colloqui con il prof a tema, su argomenti del programma. D) Incontri extrascolastici per discutere temi lasciati sospesi in classe.

Premessa pedagogica

La formazione dell’intelligenza. L’intelligenza è senza dubbio il fattore predominante nella formazione della personalità. L’intelligenza è qualcosa di tipico, d’individuale, di buono, per questo l’uomo è in grado di risolvere le situazioni pratiche che la vita quotidiana gli presentano. Non possiamo tuttavia prescindere da quel complesso d’altre attività psichiche con cui l’intelletto svolge la sua funzione. La percezione, l’attenzione, la memoria, la capacità di formare concetti, di ragionare, di cogliere relazioni, l’attitudine e l’interesse, sono gli strumenti di lavoro dell’intelligenza. In modo particolare, bisogna tener conto di queste attività psichiche coscienti, nell’insegnamento della Religione.  Lei abbraccia tutte le branche del sapere, quando per Religione s’intende Teologia. Il prof non può prescindere dal tipo d’intelligenza dei suoi allievi, né dalle attitudini che essi manifestano. Ogni conformazione umana ha la sua dignità, i suoi diritti, la sua funzione sociale.  Occorre individuare il tipo d’intelligenza di cui sono dotati gli scolari e coltivarne le naturali disposizioni. Lo scopo primario dell’educazione è quello di avviare l’alunno all’acquisizione di particolari attitudini, come osservare, giudicare, ragionare, esprimersi. Deve poi tendere a sviluppare le funzioni psichiche inerenti all’intelligenza, come attenzione, memoria, immaginazione.

In pratica, è necessario insegnare all’alunno il metodo dell’apprendimento, vale a dire il modo di procurarsi nuove cognizioni, e utilizzare quelle che già possiede. Formare le basi dell’intelligenza significa preparare le condizioni ed i presupposti indispensabili alla formazione della cultura umana, vuol dire agire su tutte le facoltà umane, in modo che l’esprimersi dell’uomo sia, in ogni sua manifestazione, coerente ai principi che animano la sua vita e le danno valore. Il prof di Religione, se non tiene conto di questi elementi essenziali sulla conoscenza dell’alunno, rende il suo lavoro sterile ed infruttuoso, e con il suo linguaggio non aderente alle capacità degli allievi, rende noiosa la lezione, e di conseguenza allontana i giovani dalla Chiesa, perché la presenta misteriosa ed incoerente. L’apprendimento più educativo è quello che si conquista con lo stimolo dell’interesse che non esclude lo sforzo, ma lo motiva e lo rende volontario, quasi più intenso e prolungato.

Compito della Scuola

Due metodi sono a disposizione dell’azione educativa del maestro, nel campo della scuola: il metodo della pedagogia individuale, che si propone di fortificare l’indipendenza dell’individuo a fronte agli istinti del gregge, e il metodo della pedagogia sociale che tende a trasformare in fattori educativi gli istinti sociali dei giovani, vale a dire, indirizzare al bene la potente influenza della collettività. Ciò si ottiene legalizzando l’organizzazione dei giovani in gruppi, affidando loro compiti corretti di mantenimento dell’ordine, d’assistenza, d’amministrazione. In tal modo, i rudimentali organismi collettivi, sono elevati ad una più alta forma d’organizzazione sociale e acquistano coscienza di responsabilità educativa. La presente relazione vale come diario di quanto ho potuto personalmente sperimentare con i giovani del Nautico di Piano.

Ancora. Per quanto riguarda il metodo della pedagogia individuale, il maestro deve anche valersi di certe tendenze dei giovani stessi, per metterli in grado di resistere all’influenza della massa. Basta far appello all’istinto d’autoaffermazione, all’aspirazione verso un contegno fermo, al coraggio e all’indipendenza, e mostrare ai giovani quanto è contrario alla dignità umana il seguire supinamente la massa, e diventarne schiavo. E’ bene anche far presente com’è indizio di sottomissione vile, l’essere sinceri, puri, pazienti, onesti, soltanto perché e finché lo sono anche gli altri. Si deve dimostrare come la condizione primaria dell’indipendenza, sia l’emancipazione dall’imitazione pedissequa e ridicola. E’ necessario far capire che buone qualità e sante abitudini non hanno alcun valore, quando sono giustificate in vista della compiacenza altrui. In tal caso durano poco, e soltanto finché gli altri le approvano, o le condizionano, o le condividono. La parola “virtus” indica che la virtù esige qualcosa di “virile”, una saldezza e una fermezza senza la quale, lei non sarebbe che un debole capriccio ed un ambizioso moto sentimentale.

Si deve utilizzare il desiderio di libertà dei giovani per conquistare questa forma d’indipendenza, esaltando come un primo trionfo della vera indipendenza e della maturità personale, il non curarsi della derisione dei compagni. Dar ascolto alle chiacchiere degli altri sulle nostre azioni, è la forma peggiore di schiavitù e l’unica forma degradante di sottomissione. Nelle prediche domenicali, mai si fa riferimento al terrore bianco, a questa vera scuola del rispetto umano, che induce ad ogni cattiva azione.

Lavoro di gruppo

Organizzare per i giovani, il lavoro di gruppo, significa introdurre nell’ambiente, un elemento nuovo che essi desiderano, e di cui hanno bisogno. Vuol dire conformare l’educazione alla loro natura, e adattare la pedagogia alla psicologia. Trascurarlo, vuol dire privare i giovani di un elemento indispensabile, ed esporli ad un modo di vita equivoco. Tutta la storia della vita di un giovane, mostra che, se in un qualsiasi stadio della sua crescita, è stato privato dell’alimento corrispondente a tale momento di sviluppo, o deperisce, o compensa in modo dannoso l’attività compressa; più grave ancora è, quando tenta di agire sfuggendo alla sorveglianza dell’adulto. Il bisogno di agire socialmente, è fortissimo, ed è necessario soddisfarlo, costi quel che costi.  La disciplina scolastica, purtroppo, è sempre più rigida, ed impone al ragazzo che cresce, una vita rigorosamente e strettamente individuale. In ogni caso lui non può rinunciare allo sviluppo della sua vita sociale. All’inizio lo fa con il gioco. In seguito agisce con forme sempre più complesse d’attività. L’attività ludica è autorizzata solo nel tempo della ricreazione. Tornato in classe si trova alla presenza di un maestro e ne subisce la guida. Gli altri soggetti, non devono essere considerati; è proibito prenderne coscienza. Ciascun giovane deve agire da solo, senza conoscere il vicino, non può aiutarlo, né deve essere aiutato; non deve parlargli e non deve ascoltalo. La disciplina scolastica lo isola in una cellula impermeabile. La contraddizione consiste nel fatto che il giovane deve diventare sociale e individuale a comando. Senza esagerare, il maestro passa meno tempo a parlare lui stesso, che ad impedire ai suoi allievi di parlare. Si tratta di imporre una doppia vita in simultanea, e al tempo stesso equivoca, che impedisce lo sviluppo normale. Su questo terreno rancido sorge immediata la leaderschip con l’intento di lottare in modo taciturno e segreto contro il maestro. Gli individui si raggruppano intorno a chi sa scoprire i mezzi più ingegnosi per combattere, anche se si tratta di una persona mediocre di carattere e di spirito. Con un buon prof, i giovani costruiscono da se stessi la loro personalità e la loro educazione. Il maestro diventa per loro un collaboratore. La scuola allora, è il luogo dove i giovani vivono, e dove il maestro li aiuta, quando occorre, a vivere.

Nel piccolo avviene tutto questo. Riportate il tutto nella gran comunità e avrete la risposta su come sono sorte le leadersch, che, però hanno altro nome secondo la regione in cui operano.

 

Temi trattati divisi per materia.

Filosofia. Il problema metafisico. Logica. Principio di contraddizione. La scienza può essere atea? Principio della relatività. Scetticismo e Ontologismo. Filosofia e Dio. Filosofia e Scienza. Scienza e Religione. Conoscenza a priori e a posteriori.  Atto e Potenza. Essere e divenire. Essere necessario, contingente, assoluto. Trascendenza e Atto Puro. Conoscenza univoca, equivoca, analoga. Dio infinito ed eterno. Le esigenze della natura umana: fisiologica, sociale, psicologica. Ragguagli sulla filosofia di Nietzsche. L’immagine del Mondo secondo la scienza moderna. Metodologia della ricerca.

Dogmatica.  Dio com’essere necessario, assoluto, trascendente, atto puro. Conoscenza analogica di Dio. Dio infinito ed eterno. Concetto di creazione. Attributi di Dio. Dio persona, intelligenza e libertà. I motivi della creazione. Il fenomeno dell’ateismo. I fondatori delle religioni. I miti, e le religioni. L’idea di Dio nella storia. La tensione monoteismo-politeismo. La riforma di Lutero. Le 5 vie di San Tommaso. Che significa avere fede.  Il male nel Mondo. Spiritualismo e materialismo. Fede e provvidenza.

Esegesi.  Le 7 tavole d’Enuma Elish. Costituzione, concezione, figura del Mondo, secondo la Bibbia. L’antropomorfismo biblico, Genesi capitoli 1, e 2. Il sito del paradiso terrestre. Origine dell’uomo. Condizione primitiva dell’uomo. Creazione di Eva. Il simbolismo dei numeri biblici. Il problema dei generi letterari. Origine, valore, contenuto dei libri sacri.

Pedagogia.  La formazione dell’intelligenza. Metodologia per un lavoro di gruppo. Norme di perfezione e orientamento civile.

Lavori di gruppo.  Le esigenze della natura umana. Il Vaticano II. Perché i genitori stanno poco con i figli. L’educazione sessuale nella scuola. L’eguaglianza tra gli uomini. Relazioni d’amicizia. Motivi della creazione. Rapporto tra fisico e metafisico.

Esistono altri Mondi abitati? Moda, scuola, amicizia.

Conclusione. I risultati sono più che soddisfacenti.

 

Piano di Sorrento, 12 maggio 1971

 

                                                                Prof Antonino Cappiello.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                         P. 44.

 

 

Dopo aver riletto e copiato per voi cari amici, la relazione al Preside, mi sono domandato se non ero matto per davvero a stravolgere l’insegnamento della Religione e a portarlo all’attenzione dei Colleghi. I quali si meravigliavano, come durante la mia ora, gli alunni si comportavano più disciplinatamente che con loro. In verità, mentre insegnavo e coglievo i frutti del mio lavoro, ben altri pensieri mi assillavano la mente: cercare il motivo principe per chiedere la dispensa e ritornare allo stato laicale. Non potevo rimanere succube di menti bislacche. Avevo il Diploma Nautico, ed in un eventuale concorso statale potevo partecipare per l’insegnamento di Applicazioni Tecniche Maschili nella Scuola Media. Desideravo però, anche un titolo che mi avrebbe consentito d’insegnare le scienze umane. Perito Industriale Nautico era troppo poco per i miei gusti. Sì, tutto questo è vero, però rimane sempre il fatto che, nelle scuole superiori, la classe non è tutta mia; devo condividerla con altri docenti, e la cosa non mi garba. Non volevo concorrenti nell’insegnamento, e desideravo essere solo. A questo punto l’unica possibilità era il Concorso Magistrale, ma il titolo di perito non mi consentiva di partecipare. Decisione lampo: Ho bisogno dell’Abilitazione Magistrale. Detto, fatto: corro a Napoli, al Villari, mostro il Diploma di Perito Nautico, e chiedo se posso presentarmi agli esami del prossimo giugno com’esterno, e quali materie mi sono riconosciute valide per averle già studiate. Per farla breve mi rimaneva ad approfondire: latino, filosofia, pedagogia e psicologia, storia dell’arte. Le prime 4 erano già in mio possesso, dunque? Mi procurai i libri, pignolo com’ero, e chiuso in una stanzetta sul tetto, notte e giorno, al caldo e al freddo, miravo al mio obiettivo. Ricordo che, un giorno, stanco morto, scesi in strada per un breve riposo. Incontrai un amico e gli dissi: Non ce la faccio più. Vorrei buttare tutto all’aria. Giovanni rispose: Non mollare. Dopo gli esami avrai un altro diploma. Corsi di filato in casa e ripresi a studiare. Alla prima sessione fui rimandato a settembre in Matematica, Scienze e Storia dell’Arte. Passai un’estate d’inferno, ma il 5 ottobre 1968 avevo in tasca il Diploma d’Abilitazione Magistrale. Dopo un breve riposo, venni a sapere che il Ministero della Pubblica Istruzione aveva concesso l’autorizzazione d’alcuni corsi che si tenevano a Castellammare di Stabia. Durante l’anno scolastico 68-69 frequentai anche quelli, ed ebbi il piacere di conquistare altri titoli:

-          Didattica degli insegnamenti integrativi.

-          Differenziazione didattica nell’insegnamento.

-          Cultura Artistica e Storia Regionale.

-          Agraria.

Tutti i Corsi superati con 30/30. Adesso ero a cavallo, bisognava solo aspettare che il Ministero bandisse qualche concorso. Non aspettai a lungo.

 

 

 

 

                                                                                                   P. 45.

 

 

Ritorniamo in Curia. Là dove il gatto e la volpe affilavano le unghie per graffiarmi di nuovo, senza sapere cosa bolliva in pentola. A dire il vero, mi conferirono la nomina di Cappellano dell’Annunziata, al centro di Sorrento. Entrando, la mia impressione fu pessima fin dall’inizio. Un sagrestano tuttofare, decideva lui dove, come e quando operare. La Chiesa era una Congrega governata di un priore e direttore. Questo uomo, borioso e sprezzante, pretendeva dirigere lui, perfino la Messa domenicale. Un giorno, si proiettava al cinema Armida un certo film, sul tipo del Codice da Vinci! Alcuni miei alunni mi chiesero d’andare a vederlo, per poi commentarlo. Quel tal priore corse dal Vescovo per informarlo: Cappiello va a vedere i film vietati ai minori di 18 anni! Il Vescovo Serena rispose: Mi pare che don Antonino ha più di 18 anni! Gli porsela mano e lo licenziò. Ad ogni modo, le interferenze del priore nel campo del sacro, non mi piacevano. Intanto a Sorrento venne come collaboratore di Serena, il Vescovo Raffaele Pellecchia. Gli spiegai l’andazzo dell’Annunziata, ma non mi prese in seria considerazione. Pensai tra me: Vuoi vedere, che con questi due, arriva il momento che mi aspetto?

Procediamo. Nell’autunno del ’70, si organizzò a Sorrento, un Corso di Dattilografia per la durata di tre mesi. Potevo farmelo scappare? Ormai viaggiavo sulla cresta dell’onda; e un tal diploma mi avrebbe ulteriormente appagato e messo in vista. Nel corso della vita, la macchina per scrivere fu per me una compagna inseparabile. Fu una collega di lavoro, che mi facilitò l’accesso al computer. Ad ogni modo, mi andai ad iscrivere di gran carriera, frequentai assiduamente, ed il 14 febbraio 1970 avevo in tasca il Diploma di Dattilografia con punteggio 30/30. Tirai un sospiro di sollievo, e mi presi un po’ di riposo. Ci credete voi? Nel mese di marzo, al Viale Nizza, s’inaugurò il Centro Immersioni Sorrento. Il Signor Guido, direttore del CIMM, m’invitò a frequentare il corso d’immersione con ARA. Detto, fatto! M’iscrissi, superai le prove previste, e il 27 giugno 1970, era mio quest’altro titolo. Le immersioni si susseguirono con frequenza. Tra le altre, mi sono rimaste impresse, le seguenti: i fondali del Vervece, il giro subacqueo de, li Galli, le ricerche a Punta Campanella. Alla Grotta dello Smeraldo, presso Amalfi, a richiesta dei partecipanti, celebrai la Messa prima dell’immersione. La penombra, il silenzio, lo sciabordio, e la predica, ci fecero gustare il paradiso in anticipo. Fu la prima e l’ultima volta. C’era anche Angioletto ed Enzo Savarese.

Con il D. M. 20.12.69, furono banditi vari concorsi.  M’iscrissi e poi mi presentai a due di loro. Forse per scaramanzia, o per il gusto di scegliere se superati entrambi?  Incominciai di nuovo a studiare. In data 23.02.71 conseguii l’abilitazione all’insegnamento d’applicazioni tecniche maschili nella scuola media. Mi restava solo di scegliere la sede. Di questo parleremo dopo.

 

 

 

 

                                                                                                      P. 46.

 

Il giorno 11 Novembre ’72, ottenne il Diploma d’Abilitazione all’Esercizio Professionale dell’Insegnamento Medio, che conservo gelosamente. Finalmente, con data 17 Aprile ’73 ricevetti dal Provveditore, l’iscrizione all’Albo.

Il Provveditore agli Studi Attesta, che il professor Cappiello Antonino, nato a Sorrento, il 6.6.35, in possesso del Diploma di perito industriale (nautico), abilitato in Classe V a, conseguita presso il Provveditorato agli Studi di Napoli nella sessione d’esami indetta il 20.12.69, è iscritto all’ALBO PROFESSIONALE degli insegnanti medi di questa provincia per l’insegnamento d’applicazioni tecniche maschili.

                                                                     Firmato: Luigi Barletta

 

Con lo stesso D. M. 20.12.69 era stato bandito anche il Concorso Magistrale Ordinario per titoli ed esami. Non appena studiato a fondo il citato D. M., la Signora Maria Paladino, in Via San Paolo a Sorrento, mia seconda mamma, iniziò la preparazione al concorso per diversi candidati che l’avevano richiesta. Avendo io, il Diploma Magistrale, mi andai ad iscrivere per partecipare al Concorso, e poi mi preparai con la Signora Paladino. Pretenziosa, accattivante, competente, non ci lasciò respirare per 6 mesi. Tra le altre cose studiate con la Paladino, l’apoteosi si è raggiunta con il commento e la memoria di tutti i Canti del Leopardi, dal libretto a cura di Angelo Ottolini, per i tipi dell’Editore Signorelli, Milano 1963. In seguito, i Canti mi saranno molto utili. Il giorno prima di partire per Napoli, mamma Paladino mi fece tre raccomandazioni: calma – rileggi – bella grafia. La notte prima degli esami, alloggiai al Jolly Hotel di Napoli, perché poco distante dalla sede degli esami. Misi in pratica alla lettera i tre consigli di donna Maria, e il risultato quale fu? Prova scritta superata con 45/50. Non ci potevo credere! Per poco non spezzai la Maestra in due, per il prolungato abbraccio. Fra 15 giorni ricominciamo per gli orali! Mi disse soddisfatta. Alla fine d’Agosto: Prova Orale, 49/50. Con i titoli ricavai punti 4,60. In totale, avevo a mio carico, punti 98,60! Risultato? VINCITORE, al Concorso Magistrale Ordinario 1970-71. Restava la scelta della sede, per volare come un angelo del cielo. Nessuno ci crederà, ma c’era per me un gran rebus da risolvere! Mia madre era contenta di qualunque cosa avrei fatto e non si pronunciava. La Signora del Cielo non mi rispondeva come il solito, con una particolare illuminazione. L’ultima spiaggia era Paladino! Le esposi il dubbio. E lei mi rispose, commossa, solenne, sicura: Tu sei un maestro elementare! Ti vedo così! Vai al Provveditorato, rinuncia alle Medie, poi di corsa a scegliere la cattedra per le elementari! Eseguii alla lettera il suo comando. L’unico intoppo fu questo, ma fu solo un bel aneddoto!

 

 

 

                                                                                                    P.47.

 

 

Nell’Ufficio addetto, in Provveditorato, mi fu presentato l’elenco delle sedi vacanti nella Città di Napoli. Al che, proposi di scegliere una sede in Penisola Sorrentina. Risposta: Spiacente di non poterla accontentare! Lei è tra i primi 20 in graduatoria. Per legge, deve scegliere Napoli; le cattedre della città sono riservate ai migliori concorrenti! Scelsi il IV Circolo “Riviera”, in Piazza della Repubblica. Paladino aveva ragione; mi aveva dato la dritta giusta. Ero contento al massimo, in quanto preferivo da morire, essere un maestro unico!  Dico tra parentesi, che su questo argomento ho un progetto personale tutto mio, per tutte le scuole e tutte le classi, ma non intendo esporlo nella presente trattazione.  Il “IV Circolo – Riviera” di Napoli si trova in Piazza della Repubblica. Nel raggio di200 metri incontriamo: Via Piedigrotta e la Chiesa omonima, la Stazione FS di Mergellina, e vicino, il tunnel XXV Luglio per Fuorigrotta, Piazza Sannazzaro e la Galleria Posillipo da Fuorigrotta, Via Mergellina, Via Regina Elena – oggi Gramsci, Via Caracciolo, Villa Comunale, Consolato Americano, Svizzero, Turco, Francese e la Grenoble, Tedesco, Inglese, e infine l’Acquario e il Museo Pignatelli, e possono bastare.

E’ un momento solenne per la mia vita. La cattedra è mia. Devo solo presentarmi a scuola per firmare l’accettazione e la presa di possesso, e iniziare così l’anno scolastico. Ero proprio soddisfatto. Mi ero liberato definitivamente dall’oppressione della Curia e dalla malcreanza di quel priore. Il gatto e la volpe non avevano più potere su di me. Il Nautico l’avevo lasciato con le dimissioni, non prima di avere ottenuto il certificato di servizio. Il priore, nella sua Chiesa, poteva liberamente essere papa, re e condottiero.

Rimaneva l’ultimo obiettivo: il ritorno onorevole allo stato laicale. Non so dire se in Episcopio aspettavano la mia richiesta inoltrata per via gerarchica. “Il Cielo me ne liberi”, pensavo. La Bella Signora non si fece pregare, e la sua illuminazione cascò come il formaggio sui maccheroni. Telefonai al Vescovo Pellecchia, facente funzione, e gli chiesi di risolvere la questione dell’Annunziata: o io, o il priore. Non era un ricatto, ma un umile sollecito, perché avevo anche altro da fare. Il Vescovo rispose secco: Tonino, fai come vuoi! O come ti pare, non ricordo! Il momento che aspettavo era giunto.  Mi ritirai in casa, concentrato, pronto; presi carta e penna e scrissi al Papa Paolo VI un’accurata e lunga lettera, spiegando io, quali erano i problemi che mi assillavano. Esposi io, le ragioni della mia decisione. Elencai gli errori che si commettevano da parte dei preti nel presentare la Chiesa diversa da quella che è realmente. Affermai che la mia coscienza non poteva permettere che io rimanessi a disposizione di chi voleva solo tormentarmi. Per conto mio, terminai, ho chiesto la dispensa, e da oggi lascio; se non me la date, Santo Padre, il problema è solo Vostro.

Bacio il Sacro Anello, resto nell’attesa, fiducioso!

Chiedo scusa al lettore. In questa marea di avvenimenti c’è stato un piccolo disguido con le date.

 

 

                                                                                                  P. 48.

 

 

Riordinando i documenti in mio possesso, mi sono accorto che, la petizione al Papa, la avevo scritto nel febbraio del ’72. Dopo 15 giorni mi arrivò la dispensa nelle mani del Vescovo Serena. Questi mi chiamò, si meravigliò, ma concordò. In Curia erano sbalorditi e volevano tirarmi l’ultima bastonata. Ritardavano a comunicarmi per iscritto la dispensa, o come loro dovere, darmi la copia arrivata da Roma. Dovetti farmi sentire seriamente da quegli infami. Gli detti un giorno di tempo; altrimenti sarei andato io stesso a Roma a portare a mano altre notizie. Era il mattino del 13 febbraio 1972.

Raccomandata del 13.02.72

Curia Metropolitana di Sorrento

Prot. Nr. 33/C/72

                                        D I C H I A R A Z I O N E

Si dichiara da parte di questa Curia che in data 7 marzo 1972, Prot. Nr. 3430/71, la Sacra Congregazione della Dottrina della Fede ha comunicato che il Santo Padre, in data 25.02.72, in accoglimento della sua richiesta, ha ridotto allo stato laicale il Sac. Antonino Cappiello e, nello stesso tempo, lo ha dispensato da tutti gli oneri provenienti dagli ordini sacri.

Sorrento, 13 marzo, 1972

            Timbro

Curia Arcivescovile

                                                                                   Il Cancelliere

                                                                                   Luigi Verde

In realtà non rimasi contento,

nel senso che mi si risponde con una dichiarazione valida per chiunque, ad una mia lettera personale, per una mia questione. Tanto mi bastò. Non mi sono però ancora arreso. Prima o poi, dovrò venire a sapere cosa c’è scritto sull’originale della Congregazione Romana. Poi non mi piace nemmeno la parola “riduzione”, come frantumare, polverizzare, rendere una nullità, la persona che ha lavorato per te e con te, e chiede onestamente di ritirarsi per operare in altri campi. Poi si lamentano che la Chiesa è infangata, e si scandalizzano verso chi parla contro la Religione.  Dimostrerò il tutto con la Tesi di Laurea in Teologia.

Adesso, scusate cari lettori, devo correre al IV Circolo Didattico “Riviera”, per firmare l’accettazione della Cattedra e sottoscrivere la presa di possesso nella Scuola.

 

Di qui inizierà la SESTA PARTE.

 

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