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LEZIONE 8

III-IV-V ELEMENTARE
PROBLEMI E PROSPETTIVE - IL GRECO
 

Reg.) Esponi, per favore, una breve sintesi della lezione precedente.
Risp.) Nella settima lezione affermammo che il lavoro basilare in prima e seconda elementare, è quello d’insegnare a leggere e scrivere prestando attenzione a calcolare il giusto momento in cui il bambino per la prima volta prende gusto e si esercita nell’arte grammatica come in un divertimento. L’imposizione iniziale è una rovina per tutto il resto della vita. Dicemmo anche che una maggiore quantità di stimoli, aveva il corrispettivo di un più elevato numero di connessioni sinaptiche, e di un maggiore infittimento dei dendridi tra i neuroni. In pratica, più informazioni si danno, più il cervello diventa di buona qualità. Per lo sviluppo psichico del bambino è anche indispensabile l’apprendimento manipolativo per connettere costruttivamente il concreto con il concettuale. Infine, il linguaggio facilita la formazione dei concetti e permette di stabilire interrelazioni complesse tra i concetti stessi. La lettura favorisce la capacità d’attenzione, di memorizzazione, di concentrazione, elementi necessari per potere osservare, riflettere, esprimersi. Nei primi due anni di scuola è necessario solo questo, e non altro. Qui finimmo la settima lezione.
Reg.) Adesso puoi continuare e impostare la discussione sul secondo ciclo delle elementari, III, IV, V, per proporre anche qui il tuo orientamento. Grazie.
Risp.) Quando il bambino è pronto come sopra descritto, l’insegnante lo ammette al secondo ciclo, il quale, a mio avviso, dovrebbe essere così strutturato: - un corso di greco, - un corso di grammatica italiana, - geografia fisica, - aritmetica e geometria, - inglese. In tutto, cinque insegnanti, uno per ogni disciplina. In III classe, greco e geografia, in IV classe, italiano e inglese, in V classe, aritmetica, geometria, inglese, con due insegnanti a giorni alterni, e mai per più di due ore consecutive. Due insegnanti a parte per educazione motoria e canto-recitazione. Al termine del V anno l’alunno deve sapere parlare correntemente italiano e inglese. A conclusione del ciclo, non un esame, ma una festa. Per quanto riguarda i giorni di studio, per i miei gusti, bastano 5 giorni a settimana, dal lunedì al venerdì. Il resto della giornata è da dedicarsi ad altre attività. A questo punto si può obiettare che il tempo dedicato all’insegnamento da parte del docente è troppo poco. Rispondo così: Non è una questione di tempo, ma di qualità d’insegnamento. Esaminiamo una situazione pratica. Io, sottoscritto, devo trasmettere per radio queste stesse lezioni di pedagogia, leggendole ed ampliandole con commenti più estesi.
Naturalmente io sto in radio un’ora a settimana, perciò si può dire ragionevolmente che io lavoro poco, mentre ricevo uno stipendio come un qualsiasi lavoratore per le sue 8 ore il giorno. Apparentemente è così che la vede l’occhio del babbeo. In realtà le cose stanno assai diversamente. Per preparare una lezione come questa, mi occorre esattamente una settimana di studio, per parecchie ore il giorno, oltre ad avere alle spalle parecchi anni di studio, corsi universitari e un discreto numero d’anni d’esperienza. Con tali competenze e con questo tempo a disposizione, io posso prepararmi bene; sono in grado di esprimermi sensatamente, riesco suscitare entusiasmo negli ascoltatori, e stuzzicare il loro desiderio di apprendere. Mi presento al lavoro fresco, felice, ricco di buon senso e d’obiettività. La lezione è attesa e desiderata. La mente degli ascoltatori richiama le esperienze del passato, e le pone a confronto con le nuove problematiche. L’intelligenza si apre e si pone all’ascolto, la ragione li fa diventare capaci di trarre conclusioni adeguate, la volontà prende le sue decisioni, a tutto vantaggio di una vita più deliziosa. Se però,dovessi andare in radio tutti i giorni, ovviamente non avrei tempo sufficiente per prepararmi, inventerei le cose da dire, presenterei sciocchezze, infastidirei gli ascoltatori. La stanchezza e la noia mi spingerebbero a adagiarmi in una spoglia mediocrità. E tanto lavoro, darebbe nessun frutto. In sostanza il mio, come quello di tutti, è un servizio d’amore e di rispetto per tutti gli altri che lavorano per me. Le mie indicazioni sono un SERVIZIO per l’idraulico, per il calzolaio, per il manovale, affinché i loro figli possano camminare a testa alta. Mentre essi servono me, riparando il tubo del bagno, confezionando le scarpe perché non vada a piedi nudi, sistemando il tetto della casa, io SERVO tutti loro con le mie lezioni. Di loro non posso fare a meno, e nemmeno loro di me. Sono io stato chiaro abbastanza?
Reg.) Ora andiamo a scuola per applicare quanto detto sul SERVIZIO.
Risp.) E’ giusto, ora andiamo a scuola. Un insegnante che va a scuola tutti i giorni, si stanca troppo mentalmente e fisicamente, senza dire che il suo lavoro diventa anche umiliante quando è costretto a fare il carabiniere e non il docente. Molto spesso purtroppo, il professore lavora solo per tenere a bada gli alunni scalpitanti, li sgrida, li rimprovera, li minaccia e li sospende. Insomma è una guerra. In più deve correggere i compiti svolti dagli allievi in modo così frettoloso, da offrire poche o nessuna indicazione correttiva. Spesso deve tornare a scuola di pomeriggio per le riunioni collegiali o per l’aggiornamento. Deve stilare giudizi sintetici e analitici. Deve mettere nero su bianco la sua programmazione personale e inquadrarla con quella dell’interclasse. Deve tenere in considerazione le indicazioni stabilite nel Collegio dei docenti, e prima ancora indicate dal Consiglio d’Istituto o di Circolo. Infine, deve badare alla casa, ai figli, al marito, o alla moglie, e via numerando. In questo mare d’attività il docente non ha tempo per prepararsi adeguatamente, è stanco,svogliato, impone la sua presenza in classe, inventa la lezione, e cerca cavilli legali per dileguarsi. Alla fine si ammala e viene la supplente.
Gli alunni, da parte loro, chiusi in un’aula poco confortevole per 5-6 ore il giorno, per 200 giorni l’anno, mortificati per la loro incapacità mentale, rimproverati al benché minimo movimento, costretti ad ascoltare lezioni su lezioni, si ribellano interiormente fino al punto da odiare la scuola, e ogni minimo pretesto è una buon’occasione per starne lontano. Di conseguenza, dopo 13 anni di studio, sanno più niente che poco. Dopo 13 anni di studio, oh bella! V’immaginate quanto sono lunghi? Alla fine ogni giovane dovrebbe essere uno scienziato! Invece? Arriva alla maturità e non sa parlare e scrivere in italiano, non sa intavolare un discorso concreto, non conosce la lingua inglese, e non sa nemmeno cosa significa “geografia” o “morfologia” o “rinoceronte” o telescopio”. Tanto lavoro per niente! Tanti anni sprecati inutilmente! Ovviamente, al corso universitario, fondato su queste basi inesistenti, non darà mai un risultato brillante. D’altronde, un giovane prepara la tesi di laurea in tre mesi, e trenta laureandi la discutono poi in due-tre ore con la media di 10 minuti a testa.
Come rimediare? Mi domanderete. Alcune indicazioni le ho già date, altre le darò, se avrete la pazienza di leggere. Per la scuola statale non credo sia possibile operare qualcosa di concreto al momento! Bisogna orientarsi verso una scuola solamente privata, e concorrenziale, dove non ci saranno platee scolastiche, né docenti mediocri. Dove il dirigente scolastico sia eletto dai professori. Dove insegnano solo docenti laureati. Dove l’economia sia un fatto interno alla scuola. Dove gli alunni pagano una retta di frequenza. Dove i professori seguano un aggiornamento serio. Il nome sarà: Scuole della Repubblica, ma senza dipendere da un’istituzione legale.
Naturalmente non tutti i giovani sono poco colti. Una parte di loro è all’altezza della situazione per le circostanze in cui la sorte li ha messi a vivere. Però mi domando: Perché non si fa in modo che tutti arrivino ad un grado di preparazione completa? Una risposta dovrà pur esserci! E’ quello che cerco di capire, e desidero che fate il possibile di capire anche voi! Continuate a leggere il seguito, e con il tempo ci arriveremo. Grazie.
Reg.) Con il GRECO come la mettiamo? Hai affermato che la lingua greca è utile allo studio e che si può insegnare con facilità. Vuoi spiegare perché è così importante?
Tu, in ogni caso, l’hai insegnata?
Risp.) Ascolta! Si può considerare realmente morto, scrive Dario Bernardi, soltanto ciò che non ha più alcun’influenza sul nostro modo di pensare, di sentire e di comportarci. Ne deriva che un’entità, qualunque sia, che contiene ed esprime fermenti o facoltà che incidono sul nostro animo, è ben viva ed operante dentro di noi. Considerarla, pertanto, superata o addirittura morta, è un serio ed evidente errore di valutazione. Significa disconoscere la realtà qual essa è. Ora, siccome non sono pochi quelli che considerano il greco una lingua inerte, inutile e quasi morta, ne propugnano addirittura l’esclusione dall’insegnamento anche nella scuola media superiore. Mi sembra pertanto, opportuno e doveroso sottoporre alla vostra attenzione, alcune considerazioni scaturite dalla logica e dall’esperienza.
L’Acropoli d’Atene è forse una cosa morta? I templi di Paestum e d’Agrigento sono forse delle cose morte? Certamente no! Anzi, se usassimo il piccone contro quelle strutture venerande, ci sembrerebbe di lacerare delle carni vive e palpitanti. Penso che su questo siamo tutti d’accordo. Ebbene riflettiamo! Le ragioni ed i sentimenti che c’impediscono di brandire il piccone contro le vestigia della nostra civiltà, sono gli stessi che devono impedirci di bandire l’insegnamento del greco. Per quanto mi riguarda, vado ancora oltre, e non vedo perché non si possa insegnare in terza elementare e a salire. Se non sentiamo per la lingua greca l’affettuosa riverenza che nutriamo per quei monumenti, noi risultiamo inesplicabili a noi stessi. Inesplicabili, perché cadiamo in una patente ed immotivata contraddizione. In verità, chi dice d’avere care le vestigia del nostro passato e poi propugna l’abolizione del greco, deve veder chiaro nei propri sentimenti e nelle sue intime convinzioni, perché si tratta certamente di sentimenti e di convinzioni di un animo confuso ed incoerente. Chi rimane sbalordito del fatto che io lo propongo alle scuole elementari, deve prendere atto della sua incapacità e della sua impreparazione, della sua mediocrità e della sua impazienza. E’ vero che l’insegnamento del greco richiederebbe una docente madrelingua, però è anche vero che nessun uomo di cultura può dirsi tale se gli manca la conoscenza del greco, e ciò a prescindere dal fatto, se lo deve insegnare o no. L’uomo di cultura come minimo dovrebbe sapere che la terminologia usata nella maggior parte delle discipline è tutta di derivazione greca: dall’italiano alla geografia, dalla geometria alla geologia, dalla medicina alla filosofia alle scienze, eccetera.
Calligrafia, morfologia, orografia, barometro, periscopio, perimetro, pentagono, pentateuco, decagrammo, odontoiatra, psichiatra, pediatra, zoologia, rinoceronte, ecologia, dattilografia, tora-tora-tora, termometro, eliografia, e via numerando, sono tutte derivazioni dal greco. Poche parole non sono di derivazione greca, tipo Pasqua, alleluia, esodo, e poche altre.
Ciò che noi dobbiamo agli antichi greci è semplicemente incommensurabile. Per limitarci a poche robe indichiamo quanto segue: - dobbiamo loro un pensiero filosofico, la cui vastità e profondità ci riempiono ancora d’ammirazione e di stupore.
Dobbiamo loro l’invenzione della democrazia. – Essi hanno precisato le prime e basilari conquiste della scienza. – Da loro è partita la stesura di codici di leggi che costituiscono tuttora i fondamenti della nostra vita associata. – Hanno operato prospezioni fondamentali in ogni ramo dello scibile. – Hanno costruito innumerevoli capolavori d’arte. In breve, dobbiamo a loro la nostra civiltà. Tutto ciò che d’importante è stato pensato, dopo gli antichi greci, ripeteva Bacone, non sarebbe stato possibile pensarlo senza avvalersi delle loro ricerche e delle loro speculazioni. Tutto ciò che gli uomini penseranno fino alla fine dei tempi, non sarà altro che una costruzione eretta sulle basi che essi posero. Perciò, chiunque noi siamo, dal semplice scolaro al superbo Einstein, siamo tutti loro allievi. Questa è la realtà dei fatti.
Ora, come possiamo noi, eredi diretti di quest’immenso e prezioso patrimonio di conoscenze, avere l’improntitudine, la leggerezza e l’ingratitudine, di NON inserire nei programmi di studio proprio quella lingua che lo ha tramandato? Bandirla, significa dimostrarcene indegni. Da Dante a Manzoni, da Petrarca a Carducci, da Vico a Machiavelli, a Leopardi, a Pascoli, a Pirandello, a D’Annunzio, a Croce, ecc. tutti i nostri più eminenti letterati e pensatori, sono stati dei profondi cultori del greco.
Machiavelli, prima di leggere i classici, indossava le vesti più sontuose. Carducci, in Davanti San Guido, afferma che una delle sue doti più eminenti, è quella di saper leggere “di greco e di latino”. Se al nostro posto ci fossero i nominati personaggi, che cosa direbbero sulla possibilità di escludere dall’insegnamento nelle nostre scuole, la lingua greca? Molti eminenti professori universitari dichiarano d’aver constatato e di constatare continuamente, che lo studio del greco è profondamente formativo in ogni senso, e in special modo conferisce al ragionamento una capacità di logica, di sintesi e di creatività, che non si riscontra negli studenti digiuni di tale disciplina. Visto che siamo tutto d’accordo, e convinti che la più preziosa ricchezza dell’uomo è quella di sapere ragionare con logica e creatività, come si può decidere di abolire l’insegnamento di una materia che acuisce la mente meglio di tante altre, e prepara alla conoscenza delle lingue moderne? Ragionare il meglio possibile, equivale a vivere il meglio possibile. Evitiamo allora che i nostri giovani siano privati di un insegnamento che li aiuta notevolmente a formarsi una mente logica e creativa. Credo che sia inutile dilungarmi oltre, giacché già altri ne hanno parlato, come Bernardi da cui ho attinto perché condivido appieno.
Reg.) Ci vuoi spiegare come hai fatto in concreto ad insegnare il greco ai tuoi alunni? E quali risultati hai ottenuto?
Risp.) Grazie, lo faccio con piacere! Dunque scendiamo al ragguaglio dettagliato della mia esperienza. L’esperimento che adesso descrivo, l’ho condotto sia nelle scuole superiori, sia nelle scuole elementari, sempre con gli stessi risultati positivi. Incomincio a sostenere che per parlare e scrivere, capire a farsi capire, leggere e ragionare, è necessaria la conoscenza del greco. Una mattina entro in classe, e con cipiglio serio, batto la mano sulla cattedra e dico: Se fossi convinto della vostra attenzione, del vostro impegno e della vostra intelligenza, proverei ad insegnarvi il greco! Un alunno alza la mano e chiede la parola: Professore, perché non ci provate?
Prendo la palla al balzo e continuo: Questa lingua non è poi così strana come si pensa. Se un bambino, prima che inizia a parlare lascia l’Italia e si trasferisce con i parenti in Grecia, parlerà greco, se lo si porta in Cina parlerà cinese. Voglio assicurare che la mente umana non è programmata per una lingua o per un’altra, è aperta e disponibile per qualsiasi apprendimento. A voi alunni italiani, basta solo presentare le motivazioni logiche per l’apprendimento del greco e il più è fatto. BENE! Se parlate italiano è perché avete imparato l’italiano, ma se imparerete l’alfabeto e i vocaboli greci parlerete greco, o almeno lo conoscerete!
Ma c’è di più, una volta conosciuta la lingua greca, saprete molto di più d’italiano. E poi, i termini delle materie di studio sono tutti di derivazione greca. Ero convinto che volevate sapere tutto questo. Infine, il greco è fondamentale per la conoscenza delle lingue moderne, come vi dimostrerò.
A tali parole i giovani si sentono orgogliosi, sospirano, arrossiscono, assumono nel banco una posizione più composta, gli occhi fissi al professore, l’attenzione concentra al massimo. Un silenzio di tomba regna nell’aula in attesa di qualcosa che li farà balzare. Gli alunni hanno captato che c’è un maestro che non li trascura, che vuole elevare la loro intelligenza, che desidera prepararli ad entrare nel mondo a testa alta, orgogliosi del loro sapere. Trattati generalmente come “asini” negli anni precedenti, non riescono a rendersi conto definitivamente che esiste un insegnante capace di convincerli del contrario e che pretende da loro molto più del normale. Poi finisco: Alla vostra intelligenza non ci sono limiti! Ormai è una sfida, non possono tirarsi indietro. Ancora una volta ha vinto il buon senso. L’intesa è raggiunta. L’amicizia è fatta. La disciplina non è più un problema, non esiste più come problema. La disciplina diventa una risposta d’amore a chi per prima ha manifestato amore.
Dopo questo lungo ragionamento, insegno l’alfabeto e i numeri. Poi passo ai vocaboli. A questo punto posso parlare facilmente di teologia, di filosofia, di geografia, di geometria, di astronomia, e naturalmente d’italiano, dalla morfologia alla sintassi, dalla fonologia al chiasmo, dalla perifrasi all’allegoria, eccetera.
Scendiamo al pratico esaminando alcune parole greche e sul come usarle.
logos - metron - iatros - skopew - grafw - fwnew - quxh -
Parola - misura - medico - vedo - scrivo - sento - teca
Ora passiamo ad accoppiare i 7 termini indicati con le parole che seguono:
filos - yuxh - qeos - ges - antropos -
Avremo: filos + logos = filologia, studio sull’origine delle parole,
yuxh + logos = psicologia, conoscenza dell’animo,
qeos + logos = teologia, studio sulla conoscenza di Dio,
ghs + logos = geologia, studio della Terra,
antropos + logos = antropologia, studio dell’uomo.
E così via con tutte le altre, che ora mi evito, per non cambiare continuamente carattere. Nomino solo qualcuna: kilometro, batimetria, perimetro, cronometro, psichiatra, otorinolaringoiatra, pediatra, geriatra, microscopio, macroscopio, teleologico, geometria, matematica, aritmetica. Fino all’infinito.
Appena compreso il meccanismo, possono anche procedere da soli, basta un vocabolarietto tascabile di greco, o uno Zingarelli a casa. Intanto è possibile avere l’idea di che cosa significano le parole, manometro, amperometro, litografia, geografia, microfonia, stereofonia, discoteca, biblioteca, pinacoteca, autografo, pedagogia, eliografia, ecologia, e via dicendo. Come si vede, il greco non è un problema insolubile nemmeno per le prime classi. Utilizzando i ritagli di tempo che in ogni caso capitano durante il giorno, lo studio del greco svaga la mente e prepara il terreno per il futuro raccolto. Gli alunni si sentono orgogliosi di apprendere perché possono poi seguire qualunque discorso anche con terminologia non comune. Quando si gioca, fa sempre piacere.
Reg.) Non potrebbe bastare per adesso? Che ne dici?
Risp.) Giusto! Per questa volta fermiamoci qui. Spero di essermi battuto abbastanza in favore del greco e di aver convinto i lettori sulla necessità di conoscerlo,a prescindere dalla condizione sociale in cui si vive. Sono certo di aver convinto gli alunni ad amare questa lingua e a studiarla con piacere, in quanto li rende dotti sufficientemente e li prepara ad apprendere le lingue straniere. Gradirei di sapere che ho convinto i colleghi professori a presentare la materia in modo nuovo e affascinante, con l’augurio di inculcare negli alunni la necessità e l’urgenza di conoscere una siffatta lingua.
Nella vita tutto è facile e tutto è difficile, dipende da come affrontiamo la situazione, con buona volontà o di mala voglia. Nel settore pedagogico, l’amore o l’odio verso una disciplina, dipende dal primo impatto con essa. E la colpa non è mai dei giovani.
Non ho toccato di proposito la lingua LATINA; su di essa faremo un discorso a parte, quando capiterà. Ho finito. Grazie per l’attenzione.


Antonino Cappiello  - Sorrento, giovedì 22 novembre 2007

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