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LEZIONE 11
STORIA - SCIENZA - RELIGIONE.
Regista.) Con la presente lezione è la quinta volta che parli in modo dettagliato della scuola elementare e della sua importanza nella preparazione degli alunni. Ora ti domando, “quanto e come” influisce l’educazione familiare sulla formazione, visto che la scuola interviene solo dopo il sesto anno d’età?
Rispondo.) Dopo che l’architetto ha progettato sulla carta un’imponente costruzione, sarebbe pura utopia voler erigere l’immobile senza prima porre delle solide basi. Giusto? La stessa cosa avviene con l’istruzione e la cultura: se non si pongono solide basi all’inizio, il diploma o la laurea saranno solo delle belle facciate vuote all’interno, regali senza merito, sepolcri imbiancati. Le basi dunque, sono il primo lavoro da compiersi da parte della famiglia e della scuola; ecco perché, per la quinta volta, mi sono fermato a parlare della scuola elementare. In lei si educa il bambino alla ricerca, alla lettura, all’amore al sapere. In lei si chiariscono i concetti fondamentali e s’infondono le nozioni che, passato il giusto momento, lasceranno dei vuoti difficilmente colmabili in seguito. Quando nasci senza un braccio, lo puoi far crescere? No! Così rimani per tutta la vita! Insomma, la scuola elementare crea l’ansia del sapere, e promuove il desiderio della conoscenza, pone le basi per procedere speditamente nel corso degli anni. Ti fa entrare nella vita, completo di tutto, senza che ti manchi qualcosa. Se una programmazione c’è da fare, si faccia in tal senso, e senza dubbio i risultati saranno eccellenti. Naturalmente, perché tutto ciò si possa realizzare, è necessario che da zero a 6 anni, altre basi siano state poste attraverso l’educazione familiare, che tanta parte avrà con il primo approccio con la scuola.
Il problema educativo inizia dalla nascita, mentre la scuola interviene solo dopo il sesto anno, per questo se la scuola trova il terreno arido, nulla potrà fare il buon agricoltore. Coraggio dunque, tutti insieme collaboriamo, se vogliamo una gioventù migliore e un Mondo più pacifico. Ricordate? Nella Lezione 7, vi parlai dei problemi di I e II elementare, suggerendo in particolare di fare attenzione al giusto momento per inculcare il piacere della lettura come attività spontanea nel periodo della mente assorbente. Nella Lezione 8 v’informai sulla necessità di conoscere il greco come elemento base per l’apprendimento. Nella Lezione 9 vi raccontai come si poteva insegnare aritmetica e geometria allegramente, senza creare traumi e avversione alle discipline. Nella Lezione 10 vi presentai la geografia come possibile fondamento per svolgere un programma. In questa Lezione 11 vi comunicherò altre informazioni, e precisamente vi mostrerò come possono essere insegnate le materie storia-scienze-religione, sempre con l’intento di entusiasmare gli alunni e aumentare in loro il desiderio di sapere.
Reg.) Sono curioso di sapere cosa e come si può insegnare ai piccoli nell’ambito delle scienze. Asserisco la verità, la cosa mi sembra alquanto singolare.
Risp.) Dopo avere stuzzicato gli alunni per un paio di mesi con lo studio dilettevole della geografia, prima o dopo Natale, inizia lo studio delle altre materie. Per quanto riguarda le scienze, non crediate che alle elementari si debba svolgere un programma universitario o un trattato di anatomia, di immunologia o patologia.
Per le scienze basta dare ai ragazzi quei consigli necessari e utili per il loro sviluppo fisico ed intellettuale. Questi: - l’importanza dello sviluppo scheletrico-muscolare, spalle dritte, distanza dell’occhio dal libro e dal quaderno, compiere sforzi sulle gambe e non sulla schiena, alcuni movimenti di danza, esercizio di passaggio tra i banchi; - la necessità dell’igiene orale,
Spazzolino e dentifricio, quali e come usarli, filo interdentale, quanto e come mangiare; - il cibo: l’utilità di mangiare tutto, avendo l’organismo bisogno di vitamine, proteine, sali, zuccheri, ecc. e spiegare il perché certi cibi non piacciono; - la respirazione:
iperventilazione, aerazione, aria viziata, caldo, freddo, fumo, tosse;
l’igiene mentale: riposo, ricreazione, studio; - gli eccessi: bevande fredde, acqua, vino, gomma masticante, ore piccole; - i difetti: rispetto degli orari, parola data, onestà sincerità, errori d’italiano; - gli organi di senso: vista, controllo, stanchezza, occhiali, udito, alto volume, decibel, pulizia dell’orecchio, odorato, gusto, tatto; - la difesa dai microbi: mani in bocca, unghie sporche, cibi lavati; - l’immunologia, l’ecologia, i trattamenti, le malattie, ecc. Sono le indicazioni fondamentali per un programma di scienze, il quale si svolge in un mese al massimo.
Reg.) Non so che dire, riesci sempre a convincere. Dimmi ora: la storia, che tanto odio suscita negli scolari, dimmi, come la insegni? Cosa fai per farla amare, e come si divertono gli scolari?
Risp.) Lo studio della storia porta a vivere la verità delle cose e degli eventi veridicamente. La storia spiega il senso della verità. Di qui, il compito oneroso di presentare le cose e gli eventi con coerenza e correlazione. La storia è scienza, e come tale è rapporto di numeri, misure e pesi. Lo studio della storia non deve essere soltanto descrittivo ma conoscenza delle correlazioni del passato e del presente. L’uomo attraverso lo studio della storia, esaminando dettagli, definendo con precisione, e apprendendo fondamentali manifestazioni, deve affinare i sensi, la mente, l’immaginazione, la memoria, il linguaggio e l’abitudine della virtù. La storia sono solito spiegarla in due momenti, uno sintetico e uno analitico.
Gli alunni vogliono subito sapere: E dopo che succede? – Poi come andò a finire? – Come mai…? – Perché…? Ecc. Per soddisfare questo bisogno ho dato degli appunti sulla storia dal 1300 ad oggi. Seguendo gli appunti vediamo, periodo per periodo,
che cosa succede nel Mondo, partendo sempre dall’ambiente geografico in cui viviamo. E’ importante per i ragazzi avere un punto di riferimento e alcune date precise da non dimenticare. Dopo avere spiegato lo schema passo all’analisi delle parti facendo notare il contorno umanistico, letterario, filosofico, artistico, pedagogico, sociologico, politico, e aggiungendo che in questo senso la storia può essere utile alla vita, e in realtà lo è. Nel presente panorama s’inquadrano le escursioni di studio. Seguendo “la nostra storia”, ci affacciamo pian pianino nel Mondo per osservare che cosa succede contemporaneamente agli avvenimenti di “casa nostra”. Ad esempio: - nel periodo aragonese ci viene a visitare Carlo VIII, - dalla Germania arriva la notizia della stampa a caratteri mobili, - dalla Spagna veniamo a sapere che Cristoforo Colombo ha scoperto le “Indie Occidentali”, - durante la dominazione spagnola si sente parlare di un Papa guerriero che è Giulio II, - a Roma si applaude a Michelangelo che ha appena scolpito la Pietà e il Mosè, - si assiste alla diatriba tra il monaco tedesco Martin Lutero e Papa Leone X sulla questione delle indulgenze e la fabbrica di San Pietro, - ecc. Essendo la mia scuola in posizione strategica sulla planimetria della città , è facile spostarmi con gli alunni per raggiungere posti, monumenti, biblioteche, strade, parlare con persone qualificate, leggere lapidi, cercare, intervistare, chiedere.
Reg.) Desidero sapere come si può impostare il programma di storia nelle scuole medie e nelle superiori.
Risp.) Credo che la storia, nelle scuole citate, sia la disciplina più odiata e meno studiata dagli alunni per il modo antiquato e irragionevole con cui si presenta fin dagli inizi. Intanto la comprensione della storia è direttamente proporzionata alla conoscenza della geografia fisica, politica ed economica, all’aspetto antropologico, religioso, culturale, linguistico e tradizionale delle aree fisiche in questione.
Secondo la mia ottica, allora, la geografia si deve insegnare come materia di studio, mentre la storia potrebbe essere oggetto di vari corsi obbligatori di specializzazione durante l’anno scolastico.
Per la Scuola Media, tali corsi, numerati I II, III, ecc. durerebbero un paio di settimane, iniziando con l’analisi della storia personale e i cicli del tempo. Dovrebbe riguardare il passato del proprio Paese, della Regione, della Nazione, la cronologia storica, il concetto causa/effetto, valutazione delle testimonianze storiche. Uno solo di questi argomenti l’anno. Alternativamente i corsi potrebbero riguardare i mestieri tipici del proprio Paese e le tradizioni locali. Altra possibilità: i corsi potrebbero vertere su argomenti ad ampia traiettoria, approfondendo l’esame per grandi problemi: riforme, assolutismo, imperialismo, colonialismo, fascismo, nazismo, rivoluzione russa, organizzazioni mondiali, mentalità, economia, sociologia, politica, arte, ecc. Oppure si potrebbero far conoscere le grandi correnti della storia universale e i fondamenti sui quali si basa la civiltà umana, così da portare l’alunno a comprendere la società nella quale vive: aspetti politici, economici, sociali, culturali, religiosi, ecc. Aggiungo infine che l’ordine cronologico dalla preistoria ai nostri giorni sarà bene iniziarlo dopo i 13 anni. Insomma, chi vuole può!
Per le Scuole Superiori, i corsi potrebbero avere come oggetto anche la metodologia della storia, oppure l’antropologia, l’economia, la scienza, la politica, l’archeologia. Un corso a parte dovrebbe essere dedicato senza dubbio alla storia delle religioni al fine di creare una profonda vicendevole comprensione tra gli uomini, motivata anche dall’esigenza comune di un valore che desse un significato alla vita e alla morte. In ogni caso, qualunque sia la possibilità scelta, è necessario rendere i giovani consapevoli delle infinite, continue, piccole e grandi manipolazioni della storia da cui devono difendersi.
L’abitudine all’obiettività, la capacità di giudizio e di critica, sono fondamentali se teniamo presente che l’insegnamento dei primi anni ci segna per tutta la vita. E’ necessario far capire che le VERITA’ ASSOLUTE sono un superstite attaccamento psicologico a culture in crisi e che è necessario impegnarsi a fondare nuovi valori perché il Mondo muta, e noi con lui. Solo così nascerà una personale responsabilità e un necessario rapporto con gli altri per costruire una società rinnovata.
Reg.) Sulla storia può bastare. Affronta per favore l’ultimo argomento di questa lezione: l’insegnamento della Religione!
Risp.) Pensando alla gioventù che ci troviamo di fronte, aperta ed intelligente, vediamo di affrontare la questione dal punto di vista della ragionevolezza e alla luce di considerazioni pedagogiche e culturali più profonde. Che cosa comporta l’insegnamento della Religione? Quale metodologia usare? Quale piano di studi predisporre? Ecco il mio pensiero. La Religione va presentata innanzi tutto come disciplina utile alla vita, in modo da stimolare negli alunni il desiderio di conoscerla più a fondo. Non è tanto il contenuto che va presentato inizialmente, quanto le motivazioni che ne impongono la conoscenza. Non va taciuta l’esistenza di altre religioni, se il fatto esiste non si può ignorare, ed il loro comune intendimento di rivolgersi a un Essere increato, infinito, spirituale, unico, eterno. Di qui, la possibilità di ammetterne l’esistenza, se non altro attraverso le 5 vie di san Tommaso, e il modo di entrare in contatto, noi con Lui, e Lui con noi. Dunque la Rivelazione! Questo è un punto importante da tenere presente, perché se fosse impossibile qualsiasi rapporto con il Creatore, se fosse impossibile ammetterne l’esistenza, se fosse utopico conoscere il suo orientamento, allora sarebbe completamente inutile il discorso sulla Religione, diremmo solo parole a vuoto, e tanto varrebbe la pena non farlo per niente.
Prima di decidere in proposito però, facciamo almeno tutti i tentativi possibili per accertarcene.
Reg.) Che cosa desidera sapere innanzi tutto, chi è coinvolto nell’esperienza religiosa?
Risp.) Desidera sapere la Verità in ultima analisi. Ed è proprio qui che s’inserisce il problema teologico, tanto più affascinante, quanto più le basi etiche, pedagogiche e filosofiche sono solide. Perché? Perché nella profondità del cuore dell’uomo permane sempre la nostalgia della Verità Assoluta e conseguentemente della Felicità. La verità, infatti, illumina l’intelligenza, informa la libertà, conduce all’unità. Ne derivano così, le domande esistenziali: - cosa devo fare? – come discernere il bene dal male? - se i comandamenti sono iscritti nel cuore dell’uomo, hanno la capacità d’illuminare le scelte quotidiane? – è possibile amare il prossimo rispettando le circostanze dei comandamenti? – in che rapporto sono fede e morale? – si può essere uomini di fede e tollerare un pluralismo d’opinioni nell’ambito morale?
Ecco dunque il nostro problema: cos’è la morale? In che rapporto è con la fede? Qual è l’ambito d’azione della libertà? Cerchiamo di chiarire. E’ un fatto che l’aspirazione umana è stata da sempre la seguente: la segreta ricerca e l’intimo impulso che muove la libertà. In pratica, l’appello al Bene Assoluto che ci attrae, e di conseguenza al Bene Morale da praticare. Ciò premesso ne scaturisce come corollario, l’importanza della ricerca della verità sull’agire morale per realizzare una vocazione integrale, un percorso religioso autentico. Pertanto, interrogarsi sul bene, significa orientarsi a chi? Ovvero, Qual è la fonte del bene? Non sarà forse allora la vita morale una risposta d’amore a chi per prima ha manifestato amore? Ma cos’è l’amore? Non è forse un’offerta di partecipazione alla Bontà divina comunicata all’uomo attraverso il Divino Incarnato?
Se incominciamo ad indagare nel cuore dell’uomo, pur senza far ricorso alla psicologia, ci accorgiamo che in fondo in fondo, c’è scritta una legge naturale fin dai tempi della creazione. Cos’è allora la legge naturale? E’ una luce intellettuale infusa con la creazione. Grazie a lei siamo in grado di conoscere ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Di conseguenza si evidenzia uno stretto legame tra il rispetto di quest’istinto naturale e la vita eterna. Poi per rivelazione, sappiamo che l’essenzialità dell’agire si compendia nell’amore al prossimo. Il che in concreto, significa tutelare il bene della persona, e nella fattispecie: - proteggere la vita umana, - difendere la comunione del matrimonio, - rispettare la proprietà privata, - salvaguardare la veridicità e la buona fama.
Reg.) A questo punto qualcuno obietta che l’ubbidienza ai comandamenti è a volte pesante, e si vanno cercando delle motivazioni sufficienti per esimersi da tale obbligo.
Risp.) In realtà “comandare” e “ubbidire” sono associati ai ben noti significati che vi si attribuiscono comunemente, e pertanto si rigettano entrambi in nome della libertà. Ma non è così! Nessuno dice obbedisco alla fame, in quanto è un’inclinazione naturale per cui si sente il bisogno, e allora la fame si asseconda. In tal modo rimane evidente che essendo stati creati con le caratteristiche intellettuali secondo cui in qualche modo siamo simili al Creatore, va da sé che anche l’amore al prossimo, e per lui a Dio, è un’inclinazione naturale che non si può non assecondare pena il disorientamento e l’allontanamento volontario dalla retta via. Si tratta di quello che comunemente è chiamato peccato, ma per il quale non si riesce a dare una valida spiegazione e tanto meno una seria definizione. Quando si usa un linguaggio teologico mediocre, si dà di Dio un’immagine assai poco amabile, per dirla con Adriana Zarri. Dunque, l’allontanamento da Dio, visto come un tiranno. Ciò implica anche la scomparsa dell’amore al prossimo.
Attenzione però perché ci sono molti mentitori, e sono quelli che in teoria dicono di amare Dio e in pratica odiano il prossimo. Chi si comporta in tal modo è falso. Per quanto riguarda la contemporaneità delle norme morali “valide in ogni tempo”, essa scaturisce dal fatto che sono permanentemente attualizzate nelle differenti culture lungo il corso della storia. Stando così le cose, quando si parla di legge naturale, si parla anche di legge rivelata, e le due non possono minimamente essere in contrasto tra loro, altrimenti ci sarebbe incoerenza tra il Creatore ed il Rivelatore, che alla fine sono un tutt’uno.
Obbligo principale dei docenti è quello d’individuare ed insegnare il rapporto tra il bene morale degli atti umani e la vita eterna, sia per evitare il caos delle opinioni personali, sia per mantenere l’unità dell’ecclesìa. In questa prospettiva e considerando che i tempi cambiano, si rende evidente il problema pedagogico, secondo cui le verità, pur rimanendo le stesse, vanno comunicate nel modo più adatto, agli uomini della loro epoca, per dirla con Ratzinger. Allora: - cos’è la libertà e quale relazione ha con la verità? – qual è il ruolo della coscienza nella formazione di un profilo morale? – come discernere i diritti e i doveri in concreto? Questi interrogativi impongono ai docenti, primo, di impegnarsi nel presentare la verità, secondo, di mettere in guardia contro falsi maestri che insegnano favole.
Reg.) Vorrei che chiarissi meglio il concetto libertà e morale.
Risp.) Giacché si ha un’idea abbastanza viva della libertà, c’è il rischio d’esaltarla fino al punto da farne un assoluto e vederla come unica sorgente di valori. Di qui, poi, ad affermare che il giudizio morale è vero, per il fatto stesso che proviene dalla coscienza, il passo è breve. Però questa non è più la verità, piuttosto è crisi della verità. D’altro canto non c’è morale senza libertà, nel senso che l’uomo può fare il bene solo nella libertà.
Ad ogni modo, se si conclude che tutto è lecito ciò che piace, siamo fuori strada. Quando parliamo dell’immagine divina nell’uomo, dobbiamo ricordare che la libertà n’è un segno altissimo. Solo con la conoscenza della verità, l’uomo sarà libero. Se Dio è Verità Assoluta ed è Libero per antonomasia, anche l’uomo sarà libero con la verità.
Andiamo più a fondo: volendo dare una spiegazione plausibile al fatto di non mangiare dall’albero della conoscenza del bene e del male, bisogna ricordare che il potere di decidere del bene e del male non appartiene all’uomo. E allora, dov’è la libertà? Si chiedono alcune tendenze culturali odierne, e si spingono al punto di considerare la verità come una creazione della libertà, ed a teorizzare una completa sovranità della ragione nell’ambito delle norme morali. Il vero è che le esigenze etiche non s’impongono alla volontà come un obbligo, se non in forza del riconoscimento previo della ragione umana, e in concreto, della coscienza personale. Vera autonomia morale dunque, è assecondare l’accoglienza della legge morale così come si asseconda la fame e non si ubbidisce ad essa. Tanto più che libertà e legge s’incontrano e si compenetrano. Pertanto l’obbedienza a Dio non è un’eteronomia, come se la vita morale fosse sottomessa alla volontà di un’onnipotenza assoluta, esterna all’uomo e contraria all’affermazione della sua libertà. In realtà, se eteronomia morale significasse negazione dell’autodeterminazione dell’uomo o imposizione di norme estranee al suo bene, essa sarebbe una forma d’alienazione contraria alla sapienza divina e alla dignità della persona umana.
Reg.) Circa la conoscenza del bene e del male, può arrivarci l’uomo, e in che modo eventualmente?
Risp.) L’uomo non possiede originariamente la conoscenza del bene e del male, ma vi partecipa mediante la luce della ragione naturale e della rivelazione divina.
Per distinguere il bene dal male si usa la ragione naturale che riflette nell’uomo lo splendore divino. In altre parole, Dio provvede di dentro, mediante la legge naturale, scritta e scolpita nell’animo di tutti. La legge naturale è la stessa legge eterna. Altrimenti come si farebbe a discernere il bene dal male? Ad ogni modo, non in conformità ad un riscontro statistico circa i comportamenti umani concreti, o le opinioni morali della maggioranza. Così, chi afferma che la natura, è solo il materiale per l’agire umano, e che dev’essere superata dalla libertà perché costituisce per essa un limite e una negazione, è fuori strada. Chi sostiene che la natura significa ciò che nell’uomo si colloca fuori della libertà, la quale sola promuove il potere dell’uomo, è fuori strada. Chi ragiona in tal modo definisce la libertà mediante se stesso e ne fa una proposta creatrice di sé e dei suoi valori. Bisogna allora prestare attenzione a non confondere tutto, affermando che la legge naturale ci presenta come leggi morali quelle che in se stesse sarebbero solo leggi biologiche. Tra libertà e natura non c’è divisione; esse sono armonicamente collegate tra loro e intimamente alleate l’una con l’altra. Ciò non toglie che bisogna trovare la formulazione più adeguata ai diversi ambienti culturali.
Il rapporto libertà-legge esiste solo nella coscienza morale, dove l’uomo è solo di fronte a se stesso e non può negare di scoprire una legge, che non è lui a darsi, e a cui è inclinato ad obbedire per fare il bene e fuggire il male. Ovviamente non si può chiamare coscienza la semplice applicazione di norme generali, altrimenti ci sarebbero mille occasioni per fondare eccezioni e compiere con buona coscienza ciò che è intrinsecamente cattivo, legalmente e obiettivamente. In tal modo la coscienza giudicherebbe, di fatto, sul bene e sul male, con il pretesto di rispondere alla voce della coscienza. Però attenzione!
Il dialogo dell’uomo con se stesso, in realtà è il dialogo dell’uomo con Dio. Di conseguenza il giudizio della ragione pratica è il fondamento stesso della legge naturale in quanto riflesso della sapienza creatrice. In conclusione il giudizio della coscienza non stabilisce la legge, ma attesta l’autorità della legge naturale e della ragione pratica con riferimento al bene supremo. Così nel giudizio pratico della coscienza si rivela il vincolo della libertà con la verità. Affinché la coscienza sia pura, cioè esente da errore, deve essere illuminata ed onesta, non deve falsare con astuzia la Parola di Dio che manifesta la verità. Un grande aiuto per la formazione della coscienza, gli studenti devono riceverlo dai docenti, ai quali spetta appunto, il compito d’insegnare in maniera autentica e senza travisamenti la Parola. Per quanto concerne la libertà c’è ancora da suggerire che essa si attua sempre mediante scelte consapevoli. Separare la scelta fondamentale dai comportamenti concreti, significa contraddire l’integrità sostanziale, in altre parole l’unità personale dell’agente morale. La moralità degli atti umani non si evince solo dall’intenzione, ma dalla conformità o contrarietà di un comportamento concreto rispetto alla dignità della persona umana. A tale proposito, alcuni deducono che è peccato grave solo l’azione commessa con il rifiuto intenzionale di Dio compiuto deliberatamente. Per loro dunque, è difficile commettere peccati gravi. In realtà le cose non stanno precisamente così: il peccato grave è quello che ha per oggetto una materia grave e che è commesso con piena consapevolezza e con deliberato consenso. E’ una conversio ad creaturam in spregium Creatoris. Se l’oggetto dell’azione concreta non è in sintonia con il vero bene della persona, la scelta di tale azione rende la nostra volontà e noi stessi moralmente cattivi, mettendoci in contrasto con il nostro fine ultimo, con il Bene supremo, vale a dire con Dio stesso.
Alla domanda se esistono atti intrinsece malum, intrinsecamente cattivi, come si risponde? La risposta è “sì”, obiettivamente parlando, “affermativo”. Esistono atti che in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti in ragione del loro oggetto, vale a dire tutto ciò che è contrario alla vita. Li elenco di seguito. L’omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia, il suicidio, le mutilazioni, la tortura, la violenza, le condizioni infraumane di vita, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato dei giovani, le condizioni vergognose di lavoro, il furto, la fornicazione, la bestemmia, la negazione dei diritti umani, i lavori mal eseguiti, lo sperpero di denaro, eccetera, non ledono gravemente l’onore del Creatore e dell’uomo? E si può affermare che una delle elencate azioni è buona, prescindendo dall’intenzione per cui viene fatta? Si può parlare di buona intenzione? Si rifletta! Negli atti intrinsece malum l’intenzione non c’entra per niente. In tale situazione entra in ballo l’opera pedagogica e educativa, fatta d’amabile insegnamento e di convinzioni ragionevoli. Essa deve inculcare che: fede e morale non sono inscindibili, la Parola non è accolta se non passa negli atti, per il male intrinseco non ci sono privilegi o eccezioni per alcuno, è ingiusto imporre la propria opinione senza riguardo del diritto dell’altro, la fede fa appello all’intelligenza perché sveli all’uomo la verità del suo destino e la via per raggiungerlo, si deve chiedere alla ragione di entrare nella luce della verità per essere capace di comprendere quel che ha creduto, si deve cercare l’intelligenza della fede per rendere conto della sua speranza a chi glielo richiede, si deve sviluppare l’esigenza dell’imago Dei che è nell’uomo attraverso l’ascetica e la mistica, si devono mettere in luce i fondamenti biblici e le significazioni etiche che sostengono la dottrina morale e la visione dell’uomo. Eccetera.
Reg.) Solo una breve conclusione. Grazie!
Risp.) Ti accontento subito. Questo è in breve quanto occorre per la pace nel Mondo e per l’unità di tutti gli uomini tra loro e con il Creatore. Un percorso religioso autentico e serio non può prescindere dalle nozioni basilari di diritto, etica, pedagogia e filosofia, anche se volutamente non ho fatto menzione di sociologia, antropologia e politica, che insieme alle prime, sono fondamentali per una teologia credibile e vivibile.
I docenti di religione scelti per l’IRC sono all’altezza del loro compito? Gli operatori pastorali riescono a definire fede, peccato, verità e preghiera?
Anche questa volta i giovani non c’entrano. Il loro problema siamo noi! Ho colpito nel segno intitolando queste lezioni in difesa dei giovani?
Ho finito. Grazie per l’attenzione.
Antonino Cappiello - Sorrento, domenica 25 novembre 2007