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LEZIONE 13

INSEGNAMENTO
 

Regista.) L’insegnamento è davvero il ramo più importante della comunicazione?
Rispondo.) Tra tutti i rami della comunicazione, l’insegnamento assume una fisionomia tutta particolare per le implicazioni scientifiche e metodologiche che comporta. L’insegnamento è il Re delle comunicazioni, e il Mondo di domani brillerà o sarà oscuro, in conseguenza dei risultati che otterremo oggi con l’insegnamento. La volta scorsa discorremmo sul comportamento, come manifestazione dell’influenza congiunta eredità e ambiente, a cui facemmo seguire la conversazione sul rapporto tra chi parla e chi ascolta. Chi più di un docente allora, deve possedere la capacità di decentramento per far sì che la cultura penetri nella mente dei giovani allievi? Di questo vogliamo far cenno nella presente lezione.
Reg.) Se ho afferrato bene il tuo pensiero, tu sostieni che bisogna essere molto oculati nel parlare. E’ giusto sostenere che ciò vale per la famiglia e per la scuola?
Risp.) Nella nostra società viviamo davvero immersi nelle comunicazioni, nello scambio continuo d’informazioni e messaggi, per questo abbiamo bisogno che la circolazione delle parole e delle idee penetri ad ogni livello, altrimenti non riusciamo ad intenderci. Questo vale per tutte le parole scritte e parlate che escono dai mass-media, e da tutto quello che esce dalla bocca di un professore. Inglese. Lurid = spaventoso. Terrific = grandioso. Spagnolo. Burro = asino.
Portoghese. Piraña = lucciola, meretrice. E via numerando.
Vedi, Piero Angela, Viaggi nella Scienza, Garzanti, Milano 1987.
Se il linguaggio non è adeguato, il destinatario è privato di comunicazione, ed è così ostacolato nell’accesso alla scienza, all’economia, alla cultura, e dirottato in pratica verso altre fonti, verso altri messaggi meno impegnativi. Il problema del linguaggio nella scuola sembra porsi come uno dei temi più importanti Nel Mondo delle Parole in cui si vive. Senza le parole adeguate, i concetti non passano. In tal caso diventa difficile far circolare le idee, e per giunta si diventa estranei al proprio tempo. E’ il caso di gran parte della gioventù non curata e non amata. Riconoscendosi pesci fuor d’acqua, soffrono terribilmente e la rabbia che provano li spinge verso la rivoluzione, l’anarchia, la guerra, il razzismo, e noi grandi continuiamo ad ignorarli.
Reg.) Credi tu che l’argomento divulgazione cade a proposito del tema che stiamo trattando?
Risp.) Se consideriamo che “capirsi” è già un gran problema per gli individui che parlano la stessa lingua, vale la pena di approfondire l’argomento e affrontare il punto chiave di questo discorso, la divulgazione. Divulgare significa rendere comprensibili ad una vasta cerchia di persone concetti artistici, letterari o scientifici esponendoli in modo semplice e chiaro. Al limite si può anche dire tradurre, nel senso di presentare la stessa cosa in altre parole. Spesso i linguaggi non sono facilmente comprensibili, in particolare quelli che riguardano l’economia, la tecnologia, l’arte, la politica, la scienza, la teologia. La difficoltà tuttavia, non è tanto nei concetti, quanto nel modo di esporli. Con un buon maestro, i giovani riescono a capire qualunque discorso, con un maestro superficiale, rimangono autentici asinelli. In questo caso si sentono umiliati per la loro stupidità, e si ribellano. Si tratta di convertire rumori e brusii incomprensibili, in linguaggi udibili e fruibili. Il valido docente comprende il tutto e trova l’equivalente esatto per l’esposizione, e gli alunni pendono dalle sue labbra.
A titolo di curiosità, cari amici, vi presento alcune righe di un “dattato” in classe che la maestra propose ai suoi alunni di IV elementare come esercizio di comprensione il 2 maggio 1995.
Informatica. In un procedimento specialmente di tipo informativo si possono identificare i dati che vengono immessi detti input, dai dati in uscita che costituiscono il risultato di un processo detto autput. E’ molto importante da un punto di vista logico e informativo, saper riconoscere bene questi dati per potere agire in proposito.
Altro esempio di linguaggio proposto agli alunni.
Nella categorizzazione del reale, la determinazione di certi attributi discriminanti non è riducibile se non ad un’elaborazione della percezione ambientale che, semplificando i dati, ha anche la funzione di facilitare l’attività strumentale del soggetto.
ivulgare significa esporre in linguaggio più semplice.
Prima possibilità. Osservando la realtà tendiamo a raggruppare le cose in varie categorie, per individuare certe caratteristiche comuni. Questa elaborazione mentale ci consente di semplificare i dati per poterli utilizzare più facilmente.
Seconda possibilità: uditorio più semplice. Guardatevi intorno! Vedete quante cose esistono? Di queste cose possiamo fare tanti gruppi, mettendo insieme quelle che hanno caratteristiche comuni, voglio dire, piante con piante, animali con animali, pietre con pietre, in modo da potere utilizzare facilmente le notizie che riguardano ogni singolo gruppo.
Terza possibilità. Oltre un certo punto non si può scendere, e se proprio l’ascoltatore non intende, non capisce, o è tonto, le cause vanno ricercate in lui, e non più nel divulgatore.
In altra occasione diremo specificamente dell’ignoranza di massa.
Reg.) Ci vuole pazienza e competenza per parlare a figli e alunni, dico bene?
Risp.) I genitori e i docenti devono fare i conti con due problemi che richiedono competenza ed immaginazione, come leggerete alla pagina seguente.
Da un lato, comprendere in modo giusto le cose, interpretarle e presentarle con linguaggio adatto. Dall’altro, essere chiari e divertenti pur mantenendo integro il linguaggio. Niente paura, l’umorismo è compagno intimo dell’intelligenza.
Riflettiamo adesso, amici cari, sul paradosso: è difficile essere facile. Tutti sono capaci di scrivere e parlare in modo oscuro e noioso, la chiarezza e la semplicità è di pochi. Queste ultime doti richiedono sforzo e talento e onestà, perché quando si è chiari non si può barare, la verità o la menzogna subito viene a galla. Per esperienza, sappiamo tutti quanti noi che le parole possono anche servire da cortina fumogena per nascondere pensieri, intenzioni, mire, o forse per nascondere la propria ignoranza su certi argomenti. Rimanendo nel vago e nell’ambiguo si riesce più facilmente a mascherare la propria ignoranza. Alla chiarezza si accompagna sempre la concisione, frutto di continui esercizi e di elevate competenze. E’ sorprendente come nel mondo della comunicazione, il problema di come comunicare, non si pone per niente o almeno si pone solo marginalmente. I collegi dei docenti nella scuola non si sono mai proposti di attivare un aggiornamento sul tema: come comunicare la dottrina. I formulari, le leggi, le disposizioni, gli articoli, le domande, sono sempre chiari? Non so!
Il biologo Peter B. Medawar diceva ai suoi colleghi: Evitate che leggendo un testo il lettore si senta come uno che attraversa a piedi nudi una distesa di vetri rotti.
Reg.) Che cosa succede se la comunicazione non è buona? La partecipazione alla vita politica e democratica ne risente?
Risp.) Una cattiva comunicazione rallenta tutto il processo di sviluppo e provoca danni all’intero sistema, e a quello politico in particolare. Un’opinione pubblica informata è capace di rispondere in modo razionale alle scelte e alle proposte senza lasciarsi influenzare da sollecitazioni emotive.
Curiosamente oggi, 2008, si parla molto di partecipazione come strumento di sviluppo democratico, ma raramente si parla di divulgazione come condizione essenziale per capire e quindi per partecipare. La democrazia non può basarsi sull’ignoranza dei problemi, perché uno dei suoi grandi obiettivi è proprio quello di rendere i cittadini responsabili e consapevoli, in modo che possono esercitare i loro diritti utilizzando al meglio la loro capacità di capire. Ogni volta che si sottrae a qualcuno la capacità di capire, si priva di una parte dei suoi diritti. Eppure ciò avviene. Il fatto assume maggiore rilievo e assoluta gravità quando la comunicazione è impartita ex cathedra, dalla cattedra, da persone specializzate che si rivolgono agli allievi, i quali ripongono nell’insegnante il solo possibile aggancio culturale con il proprio tempo. Se il messaggio non passa, la scuola ha esaurito il suo compito nel momento in cui gli alunni la vogliono diversa. Durante gli anni del mio insegnamento, dico con orgoglio e verità, il problema “comunicazione” è stato il mio punto di riferimento e l’argomento principe della mia metodologia. Pur essendo molto esigente, gli alunni hanno trovato divertente studiare con me. Li sfidavo addirittura con il greco e con le carte di Mercatore, sebbene non ci crediate. Il gentile lettore vorrà sapere qualcosa in più, ed io glielo dico, pur avvertendo che non si tratta di miracoli. I miei alunni non erano indisciplinati, perché rispondevano con amore al mio amore per loro. Tutti i miei alunni hanno sfruttato al massimo la loro intelligenza, e nessuno si è mostrato svogliato. Non ho mai permesso il minimo errore sul comportamento etico, ed i miei alunni sono diventati degli autentici gentiluomini. Non ho mai fatto un passo avanti se non avevano tutti assimilato e digerito quanto già insegnato. Non ho mai pensato di finire il programma, ma di seguire i miei giovani allievi, eppure l’ho terminato entro Pasqua. Le attività esterne sono superbe e numerose. Le troverete a pagina 6, grazie.
Parlo in terza plurale, ma io ero sempre con loro e mai nessuno si è allontanato da me, mai permesso. Cantavano in francese, organizzavano mostre, visitavano Consolati e Istituti di Cultura, realizzavano interviste, preparavano Accademie Musicali a Sua Eccellenza il Prefetto di Napoli, visitavano la sezione papiri del Museo Nazionale a Palazzo Reale, realizzavano gemellaggi, ecc. ed erano sempre più affascinati dalla cultura, dal sapere, dal più.
Una volta emancipati, hanno seguito da soli la loro strada, hanno partecipato a selezioni, hanno vinto concorsi, hanno scelto il lavoro che più li lusingava, non hanno mai tradito la formazione ricevuta. Dopo tanti anni, incontrandoci, mi raccontano i più begli aneddoti dei tempi passati, e mi assicurano che hanno sempre innanzi agli occhi gli insegnamenti ricevuti e cui si attengono continuamente. Grazie, miei allievi! Dimenticavo: qualunque cosa i giovani mi hanno confidato come alunni o mi confidano come ex, rimane un segreto per me fino all’ultimo.
La dottoressa Eleonora Puntillo di Paese Sera, dopo una visita alla mia classe, pubblicò un articolo intitolato: Intelligenti senza limiti, riferito ai miei alunni. Il Professor Lo Re, relatore, volle la mia tesi di laurea il Pedagogia su: Risultati di esperienze didattiche.
Reg.) Come mai allora la comunicazione non è fatta con criterio? Per quali ragioni si rimane nel vago?
Risp.) Di sicuro non lo so, ma posso azzardare. C’è una vasta gamma di motivazioni tra la chiarezza assoluta e l’oscurità voluta. Da una parte, la pubblicità. Si tende ad esser subito leggibili evitando il linguaggio oscuro e la noia. L’imperativo è farsi capire con un messaggio semplice e chiaro. Dall’altra parte, i contratti assicurativi, o certe condizioni di vendita. Si cerca di essere chiari il meno possibile per impedire la lettura di clausole a vantaggio della compagnia. Il cliente scemo ci casca e ne fa le spese.
Reg.) Fermo qui! Voglio sapere perché si è incomprensibili e oscuri nel parlare. Da che dipende?
Risp.) Beh! Volevo tacere, e tu mi tiri le parole di bocca! Povero me! Per incapacità, per negligenza, per calcolo, per ignoranza, per desiderio di apparire colti, per cattiva abitudine, per disinteresse verso chi ascolta, tutte ragioni condannabili. Gli economisti, i politici, gli intellettuali, quando si rivolgono al pubblico è buon per loro che usino un linguaggio chiaro, i professori no, sono sempre obbligati ad usare un linguaggio comprensibile ai 20 alunni che si trovano davanti.
Reg.) La comunicazione avviene solo attraverso il linguaggio? Vi sono altre possibilità per intendersi?
Risp.) No, non solo attraverso la comunicazione verbale si può apprendere, ma vi sono anche altre possibilità. Il gioco, per esempio, è un meccanismo utile per il motore cerebrale. Spesso si guarda al gioco, mio caro, come uno svago o perditempo, nell’attesa che i piccoli incominciano ad occuparsi di cose più serie. E’ un errore pedagogico, nel senso che è esattamente il contrario. Il gioco è un’attività molto necessaria a sviluppare in nostri talenti per lo studio ed il lavoro. Il gioco riesce a plasmare il cervello e gli dà la possibilità d’arricchirsi gradualmente accumulando esperienze, e sviluppandolo in tutte le sue potenzialità. Togliete il gioco ai bambini, e avrete dei mostri d’egoismo che non sanno comunicare. Il lungo periodo di maturazione attraverso il gioco, non è un tempo perso, invece è quello che permette di preparare le grandi esplosioni dell’adulto. Ludendo docere, dicevano i Romani.
Il gioco è utile all’immaginazione del futuro, come vedremo alla prossima lezione numero 14.


Antonino Cappiello  - Sorrento, giovedì 29 novembre 2007


Ammesso che l’Universo è infinito, la stupidità degli uomini è assai più grande.
Albert Einstein.

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